Lo spazio del mare, le rotte invisibili che lo solcano, le mappe stellari che come uno specchio riflettono la navigazione di galere, vascelli e navi da cabotaggio sono i protagonisti di una mostra pensata e realizzata in occasione del Forum delle Culture 2004 a Barcellona. Mediterraneum racconta se stesso, diviso fra il Museu d’Història de Catalunya, nel quale è allestita la parte dedicata all’arte e alle sue relazioni con la religione ed il potere ed il Museu Maritim, dove si espongono opere connesse con la navigazione ed il commercio.
Le rotte marittime tra il XIII ed il XV secolo tessono una fitta trama in cui si intrecciano, come in un arazzo, le storie più diverse. Vi si incontrano culture e popolazioni le cui radici costituiscono, in buona parte, l’Europa contemporanea, con tutte le sue contraddizioni. Da una parte i magnifici portulani arabi e maiorchini, gli astrolabi, gli imponenti ritratti di principi e sovrani narrano della crescente espansione della Corona d’Aragona, dei viaggi verso un Oriente che, per mercanti e naviganti, risultava assai meno sconosciuto e misterioso di quanto possiamo oggi immaginare. La mostra, allo stesso tempo, invertendo il punto di vista abituale, prende anche in considerazione la fondamentale ascendenza del mondo orientale, sia dell’universo bizantino, sia di quello mammelucco o ottomano, sulla formazione della nascente Europa.
Per comprendere l’origine delle culture figurative che durante il medioevo si susseguirono nelle regioni dell’Europa mediterranea è infatti necessario assumere come punto di partenza la circolazione di opere d’arte di natura e provenienza diversa, fenomeno che si dovette in primo luogo ai continui scambi commerciali tra le opposte sponde del Mare Nostrum. Tale circolazione, di cui la mostra da buon esempio, anche se non esaustivo, è alla base del linguaggio composito ed ecclettico, che gli artisti adattarono di volta in volta alle loro esigenze e a quelle dei loro committenti, specialmente in terre di transito come le isole.
Non è un caso che proprio qui, spesso, si crearono le condizioni per le realizzazioni più raffinate. Ad un artista di cultura maiorchina, si deve ad esempio, con molta probabilità, uno dei pezzi forti della mostra: una tavola che rappresenta Santa Caterina d’Alessandria, realizzata probabilmente nei territori della Corona d’Aragona, ma destinata ab antiquo all’omonimo monastero del Monte Sinai in Egitto. La tavola venne eseguita dal pittore Martinus de Vilanova su commissione del console catalano a Damasco nel 1387, così come recita l’eccezionale iscrizione ancora leggibile ai piedi della santa.
Parallelamente non era difficile trovare nei mercati “occidentali” o nelle collezioni di sovrani e ricchi mercanti oggetti che provenivano dal più remoto oriente, libri miniati, ceramiche, bronzi alcuni dei quali è possibile travare esposti a Barcellona. Un affascinante viaggio dunque al quale manca però una voce narrante continua, e che lascia spesso con la voglia di saperne di più.
licia buttà
mostra visitata il 19 maggio 2004
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