Il trentunenne nativo di Manchester, Nigel Cooke, dipinge grandi quadri ad olio che a prima vista potrebbero definirsi ritratti fantastici di paesaggi urbani.
Cio’ che si nota, osservandoli meglio, è la perdita di un centro, un piccolo shock visivo, dato da una caratteristica ambivalenza stilistica, che rende difficile la focalizzazione del quadro in una sola direzione.
Come traspare da Sing the Pumpkin Song, uno dei lavori esposti alla Tate Britain, dove, nonostante una particolare cura per i piccoli dettagli e per la resa assolutamente realistica dell’immagine, compaiono tutta una serie di elementi che potrebbero essere stati dipinti da un’altra mano. Uno stile che rimanda direttamente a quello dei graffiti, e disegni che diventano tracciati bambineschi e distratti, che si contrappongono alla maniera quasi fiamminga, anche se con tonalità che ricordano le illustrazioni fantasy, delle parti piu’mimetiche alla realtà.
Con Silva Morosa viene in mente Hans Holbein il giovane e il suo quadro cinquecentesco, Gli ambasciatori, in cui il pittore tedesco raffigura due diplomatici ritratti vicino ad un mobile pieno di oggetti simbolici: apparentemente sembra che tutte le energie siano state concentrate per rendere questi oggetti il più fedelmente vicini alla realtà, in realtà il punctum del quadro è una visione sospesa e metafisica di un cranio in prospettiva.
In Silva Morosa, Cooke compone un teschio con gli intervalli delle foglie e dei tronchi di una natura dettagliata; occorre osservare bene i suoi lavori per notare questi particolari tra le righe, come le teste mozzate, piccole icone che ogni tanto emergono poeticamente e che sembrano uscite dallo scenario cambogiano del colonnello Kurtz.
Ancora duplice, oltre che per il tratto, la divisione strutturale dei quadri. Una concentrazione di elementi da una parte, per lasciare, come per respirare, tutto un altro lembo monocromatico, dove emergono, in un perfetto e raffinitassimo equilibrio, solo giochi di luci e sfumature.
carola bonfili
mostra visitata il 6 marzo 2004
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