Il Tempo (Time), la Verità (Truth) e la Storia (History) sono tre figure rappresentate in forma di allegorie classiche in un piccolo studio preparatorio di Francisco Goya, il grande cantore della società spagnola a cavallo tra Settecento e Ottocento. Una minuscola perla annegata in un mare di capolavori di caratura altissima da cui si è scelto di prendere in prestito il titolo per la nuova mostra della programmazione autunnale del Guggenheim di New York.
Il Tempo è quello inesorabilmente trascorso tra il “Secolo d’Oro” del Seicento Spagnolo e il Novecento doloroso, macchiato dalla guerra civile. La Verità, insita nel tempo stesso, svela tra le opere d’arte spagnole una serie di connessioni che meritano di essere analizzate. La Storia scrive il suo resoconto e tesse le trame di un filo rosso che porta da El Greco a Picasso -attraverso Goya- con un taglio storico piuttosto interessante. Non solo il passaggio -ormai ampiamente studiato- da un autore come El Greco alla sua eredità nell’opera di Goya, ma anche, questa volta, un legame ereditario che si spinge fino a comprendere gli albori delle Avanguardie novecentesche, non più viste solo come totale rottura nei confronti della tradizione, ma anche come risultati di semi depositatisi nel tempo. A partire dal Seicento.
Un’esposizione ampia e ambiziosa, che corre lungo tutto il capolavoro architettonico a spirale di Frank Lloyd Wright, presenta quattro secoli di storia dell’arte iberica, sviluppandosi non in ordine cronologico ma tematico. Circa quindici sezioni (sarebbero decisamente troppe, se non si riuscisse a mantenere il livello di qualità che in effetti si conserva) affiancano capolavori dei maestri del XVII secolo ai padri di Cubismo e Surrealismo con una limpidezza che non lascia spazio a dubbi sulle influenze dei primi sui secondi. Si muove dal tema religioso della figura dei M
E ancora l’ironia giocosa di Mirò, il surrealismo desolante di Salvador Dalì, la classicità di Velazquez, e la giustapposizione molto interessante tra Goya e Picasso nell’interpretazione della natura morta con carcassa di animale. Il padre del cubismo dichiara apertamente il suo debito volontario nei confronti del pittore madrileno, e si affranca dalla cupezza sanguinaria del suo predecessore alleviando i toni di un tema che sarà ancora, ad esempio, di Francis Bacon.
Altra sezione tematica è quella della rappresentazione degli interni domestici, una finestra curiosa sulla società spagnola e sulla figura femminile borghese: spicca su tutti la splendida Donna che stiradel Picasso rosa/blu (siamo nel 1904), affiancata a una bella Donna che cuce di Velazquez (1640-50). Ma la donna è anche prostituta (Goya è il primo a poterle rappresentare, con i colori ironicamente vivaci della società
Si conclude con un’ampia selezione di lavori dedicati alla pittura devozionale, con scene bibliche e religiose che vanno dalle crocifissioni alla figure demoniache. Un continuo intreccio di sacro e profano, di tradizione e rottura, di ricchezza e sobrietà, domina in un’esposizione che riesce a svilupparsi con la linearità perfetta che solo alcuni spazi espositivi al mondo sanno costruire. E il Guggenheim di New è uno di questi.
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