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fino al 28.IX.2008 Luisa Rabbia Boston, Stewart Gardner Museum
around
Un video che attinge ad archivi passati e attuali. Per ricomporre un percorso senza tempo attraverso le fasi della vita. La prima personale di Luisa Rabbia in un museo americano. E una mostra che approderà alla Fondazione Merz nel maggio 2009...
Le immagini tratte dall’album fotografico che Isabella Gardner aveva composto dopo un viaggio nella Cina del 1883 sono arricchite dal commento visivo dei disegni di Rabbia, ritagliate e riempite da cieli in movimento, animate dalla crescita quasi organica degli oggetti-ricordo riportati a Boston da Isabella. Ne nasce un collage di memorie sovrapposte, che scivolano lentamente davanti agli occhi del visitatore. Due donne lontane nel tempo e nello spazio raccolgono appunti in immagini per descrivere l’esperienza di un viaggio. Di una vita. Della vita. Dalla nascita alla morte, per poi nascere di nuovo.
Isabella: collezionista illuminata, amante dell’arte di molti Paesi differenti, promotrice della ricerca artistica a lei contemporanea, punto di riferimento nella Boston del tardo Ottocento-inizio Novecento. Durante i suoi viaggi, visita gli studi di fotografi locali, sceglie stampe che ritiene rispecchiare la propria esperienza di esplorazione e le accosta una all’altra nel contesto di album di memorie. L’Isabella Stewart Gardner Museum, che conserva le raffinate collezioni di Isabella nella sua abitazione lasciando invariata la disposizione degli oggetti, custodisce anche trenta album fotografici di questo tipo. Luisa: artista di formazione italiana di base a New York da otto anni. Disegna con passione sin da quando è bambina. Raccoglie album di disegni attraverso gli anni. Le sue opere su carta diventano testimoni di un percorso simbolico attraverso la vita.
Quando viene invitata da Pieranna Cavalchini a trascorrere un mese all’Isabella Gardner Museum come artist in residence, nel 2007, Luisa Rabbia ha l’opportunità di “premere pausa” e di lasciar decantare idee, riflessioni e ricerche, vivendo in un ambiente estremamente suggestivo e ricco di stimoli. Da questa esperienza nasce Travels with Isabella.
Come si è svolta la tua residenza a Boston?
Mi sono sentita come una principessa. Ho trascorso un mese qui, abitando nell’appartamento ricavato dalla Carriage House, all’interno del museo stesso. Avevo accesso continuo agli archivi e alle sale espositive. L’accoglienza da parte del personale è stata straordinaria, mi sono sentita davvero a mio agio, in grado di pensare senza sapermi oppressa da scadenze. Pieranna Cavalchini, contemporary art curator del museo, non domanda agli artisti di produrre necessariamente un’opera. Anche se li sostiene nel caso in cui scelgano di impegnarsi in un nuovo lavoro, come nel mio caso.
Nel video metti in scena una metafora del viaggio, con le conseguenti fusioni e interazioni, con gli inevitabili contrasti. Cosa significa per te vivere in un Paese diverso da quello in cui sei nata?
Quando si viaggia ci trasciniamo dietro una valigia. Bisogna essere pronti a disfarla e a rifarla ogni volta. Portarsi dietro i propri ricordi, ma anche essere disposti a rielaborare le proprie conoscenze attraverso nuovi input. Infine, raccogliere nuovi ricordi.
L’opera allude allo scorrere, ruotare, scivolare del tempo. La base musicale composta da Fa Ventilato, campionando alcuni brani della collezione classica di Isabella, riprende in certi passaggi la sonorità di un carillon ed evoca atmosfere infantili e magiche. In che modo la riflessione sulla memoria entra nella tua ricerca?
Tengo molto al dialogo con la memoria personale. Non solo con la mia, però. Mi interessa far confluire nei lavori anche aspetti della memoria di altri, come nel caso del mio discorso con Isabella in questo video. Spero inoltre che le mie opere permettano al pubblico di entrare in contatto con i propri ricordi e offrano spunti per stimolare nuovi collegamenti. Come in un’opera aperta. La mia ricerca ha anche una marcata dimensione sociale, collettiva. In Travels with Isabella, ad esempio, ho inserito fotografie che testimoniano le differenze sociali nella Cina di fine Ottocento, insieme a quelle di paesaggi e monumenti. Dal mio repertorio di disegni ho tratto le figure blu di homeless isolati e vulnerabili, sdraiati a terra o appoggiati a lastre di pietra scolpite. Ancora blu, raramente rossi o terra bruciata, si snodano attraverso le fotografie rami di alberi che crescono, si espandono, diventano vene e arterie e apportano sangue, vita e dolore alle diverse immagini.
Il video gioca sul contrasto cromatico tra il blu, che definisce spesso il colore del tuo intervento, e il seppia delle fotografie di Isabella. Qual è il motivo della tua predilezione per il blu oltremare?
L’uso del blu risale ai miei primi lavori, nei quali riempivo fogli con tratti a penna bic in una sorta di trascrizione (e scrittura) dei pensieri in immagini. Il blu è rimasto. Lo trovo adatto a congelare un momento, a renderlo infinito. È astratto e aiuta a estrapolare il particolare, facendolo diventare universale.
Nelle tue opere emerge l’interesse verso alcune tecniche tradizionali, come il disegno e la scultura, che sono combinate con media attuali. Pensi che questo legame con la storia sia un’eredità della cultura italiana?
Ho cominciato a interessarmi al presente come conseguenza del passato e della storia da quando sono a New York. Credo che sia necessario ricercare le radici di quello che accade adesso in quello che è successo in precedenza. Mi sembra che negli Stati Uniti questo sia sentito meno come un problema nodale e forse l’attitudine a ricostruire la storia è sentito dagli italiani in modo peculiare. Ma, al di là di questo, mi interessa sviluppare la consapevolezza che tutto è collegato, soprattutto da un punto di vista sociale.
Con l’ultima domanda torniamo alle origini. A Torino, tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90, sei stata assistente di Gilberto Zorio. Che influenza ha avuto, se ne ha avuto, il contatto con lui nella tua formazione?
È stato fondamentale per capire che quello che volevo fare era possibile. Un’esperienza formativa sostanziale. Non so leggere nella mia opera elementi di collegamento con Zorio, ma mi farebbe piacere se ci riuscissi tu.
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a cura di Pieranna Cavalchini
Isabella Stewart Gardner Museum
280 The Fenway – 02115 Boston (MA)
Orario: da martedì a domenica ore 11-17
Ingresso: intero $ 12; ridotto $ 10/5
Catalogo Charta
Info: +1 6175661401; information@isgm.org; www.gardnermuseum.org
[exibart]
è un’artista??? non ha fatto altro che copiare gli altri in tutti questi anni. è che l’ha fatto con molta astuzia. schiaccerebbe chiunque pur di emergere. ma prima o poi il suo castello crollerà.
oh dio! chiedo scusa ho sbagliato artista