Everything is connected, recita il leitmotiv di
Underworld di Don DeLillo. Niente sembra più appropriato per descrivere il lavoro di
Cai Guo-Qiang (Quanzhou City, 1957; vive a New York), l’artista cinese cui il Guggenheim dedica una spettacolare retrospettiva.
Si comincia -ma si continua e si finisce anche, dato che quest’installazione è visibile da ogni parte del museo- con
Inopportune: stage one, formata da nove auto bianche che si arrampicano, capovolgendosi, lungo la spirale del museo, a simulare un’esplosione. Un’esplosione resa tuttavia irreale, se non addirittura ironica, dal fatto che le auto sono attraversate da tubi di fibra ottica colorati, come se si trattasse di un videogioco, e che all’ultimo piano la macchina atterra intatta. Il percorso può così ricominciare, all’indietro.
È in questa continua alternanza tra permanenza e cambiamento, scorrimento e interruzione che vivono le opere in mostra. Come ondate di energia che prende la forma di animali, oggetti, detonazioni. Lo spazio mobile, inquieto del Guggenheim si presta incredibilmente bene a ospitare lavori che si presentano come flussi, tanto che l’intera mostra è pensata come un’unica opera site-specific.
L’energia che attraversa gli oggetti è resa visibile anche nelle frecce che trafiggono le tigri di
Inopportune: stage two e la nave di
Borrowing your enemies’ arrows, e negli aghi per agopuntura di
Acupunture for Venice. Non c’è interruzione fra interno e esterno, ma comunicazione di informazioni, forze, significati.
I riferimenti alla storia e alla cultura cinese sono un punto di partenza, nella scelta dei materiali, concreti e concettuali, che si aprono a nuove connotazioni: in
Borrowing your enemies’ arrows il riferimento è alla vicenda che vide il generale Zhuge Liang “prendere in prestito” le frecce dai suoi nemici. Quelle stesse frecce, segno di immobilità e morte, diventano anche simbolo della capacità di volare, mentre il piccolo ventilatore contrasta ironicamente con la monumentale stazza della nave.
New York’s rent collection courtyard gioca col tempo. Quest’installazione è la nuova versione di un lavoro dello stesso Cai Guo-Qiang, a sua volta ispirata a un’opera cinese -datata 1965, in piena Rivoluzione Culturale- creata da un gruppo di scultori dell’istituto d’arte di Sichuan su commissione dell’autorità locale.
Riproduceva con 114 figure in argilla a grandezza naturale lo sfruttamento dei contadini da parte di un proprietario terriero. Cai Guo-Qiang ha ridotto il gruppo, realizzando e facendo realizzare circa 75 figure in argilla su armature di legno e fil di ferro. Le figure si seccano e si sbriciolano e sono progressivamente ricostruite, sostituite. Passato e futuro si mescolano, prendono l’uno il posto dell’altro. La storia viene riportata in vita ma solo per un attimo, per diventare immediatamente storia di se stessa. E per lasciare il posto a quello che verrà dopo.
Gli ultimi tre livelli offrono un retrospettiva delle opere realizzate con la polvere da sparo: disegni ottenuti facendo esplodere la polvere su carta porosa, a cui sono spesso associate vere e proprie esplosioni, in rapporto alle quali i primi assumono il valore di progetti. Alcuni destinati a rimanere tali: il
Progetto per l’umanità n. 3 prevede l’installazione sulla Luna di una piramide in corrispondenza con una di quelle presenti sulla Terra. Nei disegni si agitano macchie dalle forme cosmogoniche, big-bang che ricreano l’universo o, meglio,
un universo.
Un inizio che può essere anche una fine: come il fungo di
The Century with mushroom cloud: Project for the 20th Century, esplosioni realizzate in luoghi emblematici degli Stati Uniti come il Nevada Test Site, teatro di esperimenti atomici fra il 1951 e il 1992.