Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
26
maggio 2008
fino al 29.VI.2008 Arcimboldo Vienna, Kunsthistorisches Museum
around
La natura morta dal volto umano è il giardino delle sue delizie per la corte degli Asburgo. Bizzarri dipinti che si capovolgono e stagioni che annunciano la nuova “età dell’oro”. È la più importante mostra dedicata al “surrealista” Arcimboldo...
Comincia con un pizzico di disinvolta oscenità la mostra: Testa de cazi altro non è se non un piatto in ceramica a decorazione gialla su fondo blu che, affastellando grottescamente quanto esplicitamente un notevole numero dei suddetti, configura nell’insieme una testa umana di profilo. E per chi volesse saperne di più, non c’è che da leggere in senso contrario l’enigmatica scritta sul nastro che corona la figura (izac ed atset anv essof emoc adravg em omoh ingo).
L’oggetto potrebbe benissimo essere opera di uno spregiudicato Giuseppe Arcimboldo (Milano, 1527-1593), pittore universalmente noto per le sue nature morte antropomorfe. In realtà, l’impertinente ceramica è attribuita a Francesco Urbini e fu eseguita nel 1536, data troppo prematura per colui che fece di certe stranezze un genere pittorico sofisticato e colto. Certo è che, fra tardo Rinascimento e manierismo, il grottesco, il mostruoso e, in genere, i mirabilia furono oggetto di spiccato interesse. In questo senso, Leonardo da Vinci è considerato il capostipite di studi sull’estetica del bizzarro, comprendente anche volti grotteschi e caricaturali: nel suo trattato De Pictura ne descrive e ne illustra le caratteristiche. Per l’appunto la specifica formazione artistica di Arcimboldo è un po’ l’incognita tematizzata in questo evento espositivo, ipotizzando un’influenza leonardesca ma anche un riferimento alle miniature indiane e alle figure fantastiche di Hieronymus Bosch.
Nato da una famiglia di modesti artisti milanesi, è noto che il giovane Giuseppe si dedicasse a fianco del padre alla pittura di contenuto religioso, disegnando cartoni per arazzi e per vetrate di chiese, occupandosi anche di allestimenti scenografici. Ma nulla che giustifichi la fiducia immediatamente riscossa presso la potente corte dell’imperatore Massimiliano II d’Asburgo quando si trova a Vienna nel 1563. La sua permanenza presso gli Asburgo, durata un quarto di secolo, è ricca di successi, divenendo artista ammirato e apprezzato anche in Europa. Si incaricò pure di regie e scenografie per grandi feste di corte e di stato, disegnò costumi e armature e altro ancora. La mostra, frutto di una collaborazione tra il Musée du Luxembourg di Parigi e il Kunsthistorisches Museum di Vienna, ne illustra tutti gli aspetti, fregiandosi di una particolare suggestione: per la maggior parte delle opere, oggi provenienti da tutto il mondo, questa occasione viennese è un tornare a casa.
La maniera di Arcimboldo di dipingere vegetali appassiona il sovrano; è uno specialista nel realizzare quadri ambivalenti, che osservati in un senso sembrano vasi con nature morte e capovolti diventano volti caricaturali. Nel capodanno del 1569, Arcimboldo presenta ufficialmente a Massimiliano II otto dipinti raffiguranti delle teste sul cui principio figurativo lavorava da anni: sono le quattro stagioni e i quattro elementi della natura (acqua, aria, terra, fuoco). Oltre alla meraviglia delle composizioni, nel simboleggiare l’eterno ritorno delle stagioni e degli elementi vi si legge un raffinato sottinteso di armonia tra microcosmo e macrocosmo, con un conseguente riferimento allegorico alla imperitura grandezza dell’impero asburgico. Quindi, piante, frutti, animali e oggetti inanimati divengono gli strumenti di una fantasia artistica senza precedenti, tanto da guadagnarsi commissioni di opere anche da molti regnanti d’Europa.
Dopo la morte seguirà per Arcimboldo un oblio di oltre tre secoli. Ma all’inizio del Novecento i dadaisti e i surrealisti, riscoprendone la genialità, indicheranno nella sua opera un grande precursore.
L’oggetto potrebbe benissimo essere opera di uno spregiudicato Giuseppe Arcimboldo (Milano, 1527-1593), pittore universalmente noto per le sue nature morte antropomorfe. In realtà, l’impertinente ceramica è attribuita a Francesco Urbini e fu eseguita nel 1536, data troppo prematura per colui che fece di certe stranezze un genere pittorico sofisticato e colto. Certo è che, fra tardo Rinascimento e manierismo, il grottesco, il mostruoso e, in genere, i mirabilia furono oggetto di spiccato interesse. In questo senso, Leonardo da Vinci è considerato il capostipite di studi sull’estetica del bizzarro, comprendente anche volti grotteschi e caricaturali: nel suo trattato De Pictura ne descrive e ne illustra le caratteristiche. Per l’appunto la specifica formazione artistica di Arcimboldo è un po’ l’incognita tematizzata in questo evento espositivo, ipotizzando un’influenza leonardesca ma anche un riferimento alle miniature indiane e alle figure fantastiche di Hieronymus Bosch.
Nato da una famiglia di modesti artisti milanesi, è noto che il giovane Giuseppe si dedicasse a fianco del padre alla pittura di contenuto religioso, disegnando cartoni per arazzi e per vetrate di chiese, occupandosi anche di allestimenti scenografici. Ma nulla che giustifichi la fiducia immediatamente riscossa presso la potente corte dell’imperatore Massimiliano II d’Asburgo quando si trova a Vienna nel 1563. La sua permanenza presso gli Asburgo, durata un quarto di secolo, è ricca di successi, divenendo artista ammirato e apprezzato anche in Europa. Si incaricò pure di regie e scenografie per grandi feste di corte e di stato, disegnò costumi e armature e altro ancora. La mostra, frutto di una collaborazione tra il Musée du Luxembourg di Parigi e il Kunsthistorisches Museum di Vienna, ne illustra tutti gli aspetti, fregiandosi di una particolare suggestione: per la maggior parte delle opere, oggi provenienti da tutto il mondo, questa occasione viennese è un tornare a casa.
La maniera di Arcimboldo di dipingere vegetali appassiona il sovrano; è uno specialista nel realizzare quadri ambivalenti, che osservati in un senso sembrano vasi con nature morte e capovolti diventano volti caricaturali. Nel capodanno del 1569, Arcimboldo presenta ufficialmente a Massimiliano II otto dipinti raffiguranti delle teste sul cui principio figurativo lavorava da anni: sono le quattro stagioni e i quattro elementi della natura (acqua, aria, terra, fuoco). Oltre alla meraviglia delle composizioni, nel simboleggiare l’eterno ritorno delle stagioni e degli elementi vi si legge un raffinato sottinteso di armonia tra microcosmo e macrocosmo, con un conseguente riferimento allegorico alla imperitura grandezza dell’impero asburgico. Quindi, piante, frutti, animali e oggetti inanimati divengono gli strumenti di una fantasia artistica senza precedenti, tanto da guadagnarsi commissioni di opere anche da molti regnanti d’Europa.
Dopo la morte seguirà per Arcimboldo un oblio di oltre tre secoli. Ma all’inizio del Novecento i dadaisti e i surrealisti, riscoprendone la genialità, indicheranno nella sua opera un grande precursore.
articoli correlati
Il secolo Asburgico a Trieste
franco veremondi
mostra visitata il 26 marzo 2008
dal 12 febbraio al 29 giugno 2008
Arcimboldo
Kunsthistorisches Museum
Maria Theresien-Platz (MuseumsQuartier) – 1010 Vienna
Orario: da martedì a domenica ore 10-18; giovedì ore 10-21
Ingresso: intero € 10; ridotto € 7,50
Catalogo € 29,90
Info: tel. +43 1525245202; fax +43 1525245299; info.mup@khm.at; www.khm.at
[exibart]