L’oggetto è un elegante urinatoio pubblico in acciaio inossidabile, incassato in un padiglione minimale dalle pareti in vetro rifrangente. Dal passante frettoloso, residente di zona o diretto alla Tate Britain, agli operai impegnati nel cantiere fracassone e polveroso della nuova sede del Chelsea College, tutti sono invitati ad una sorta di lusso riservato: chiudersi nell’urinatoio e dedicarsi indisturbati alle private funzioni, osservando nel frattempo il mondo muoversi intorno, ma senza essere visti.
Di Monica Bonvicini si conosce ormai l’interesse per moduli e strutture formalistiche proprie della tradizione modernista; gli interventi dell’artista tendono poi alla ricontestualizzazione e riattivazione nel quotidiano di tali forme, riscoperte nel momento in cui vengono praticate ed abitate dal corpo umano. Questa volta l’attenzione è rivolta alla forma della toilette pubblica e alla sfera prosaica del defecare ed in generale del
L’installazione dunque invita ad una riflessione sul rapporto complesso tra spazi pubblici e privati, tra doveri e piaceri pubblici e privati, sulla presenza nel sociale di barriere insieme visibili ed invisibili, a seconda del punto di vista occupato. Il titolo stesso, Don’t Waste a Sec, letteralmente Non Perdere Un Attimo, riconduce giocosamente all’imperativo proprio della società dello spettacolo e del consumo, orientata sulla frequentazione ossessiva ed onnivora dell’immagine.
irene amore
visitata l’8 dicembre 2003
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anche se l'opera fa cacare non c'è bisogno di farlo proprio lì dentro, SCIAF!!! commissario, ahio, m'hai tato nsacco de schiaffi, tz tz...
ao! ma è proprio un genio questa, è?............
Basta con queste "opere", questi "artisti" e queste recensioni "sdraiate a tappetino". Continuiamo a farci del male ...
quando una rivista ex seria come voi la finira' di seguire tutte queste mode correnti al seguito di critici appecoronati sul mercato sara' sempre tardi, ci sara' un nuovo Rinascimento?Sono veramente disperato, non vedo un barlume di luce.Ahi!