Si potrebbe iniziare da
Mantegna e dalla sua capacità d’integrarsi con l’architettura, per entrare in sintonia con
Claudio Parmiggiani (Luzzara, Reggio Emilia, 1943; vive a Bologna) e con la splendida installazione concepita per il Collège des Bernardins. Per esplicito volere dell’artista, infatti, il catalogo si apre con la riproduzione di un’opera di Andrea Mantegna. È il
San Sebastiano proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna che, trafitto e sofferente, si integra perfettamente nel contesto che lo circonda, fondendosi con esso.
È così che Parmiggiani ha concepito la sua opera parigina. Non si tratta di una mostra, costituita da più opere riunite in un unico contesto, ma di un’unica installazione, pensata e voluta per questo spazio e a esso intrinsecamente legata. “
Claudio Parmiggiani ha pensato quest’opera esclusivamente per questo luogo”, spiega la curatrice Catherine Grenier, “
e infatti, superata la data di apertura al pubblico, sarà distrutta. È un’esperienza che nasce dal rapporto con il luogo e senza di esso non ha senso di esistere”.
Sono numerose le ragioni che hanno portato il Collège des Bernardins a scegliere, fra i tanti artisti possibili, proprio Claudio Parmiggiani. “
Parmiggiani è solito prediligere luoghi carichi di significato, impregnati di storia e di simboli. Lavora ‘con’ e ‘per’ l’architettura, il preesistente. Molto forte è nella sua opera il senso profondo della spiritualità”, continua Catherine Grenier. “
Quando Claudio Parmiggiani ha visitato per la prima volta il Collège i lavori di restauro non erano ancora terminati. Sono nate da subito alcune idee forti poi rimaste nell’opera finale, come la biblioteca, le campane e il mare. Ma c’erano in nuce anche altri spunti che non hanno trovato forma nell’opera finale, come quello di lavorare con il sale, per risalire alla funzione prima del luogo”.
Mettendosi all’ascolto del
genius loci, Parmiggiani ha voluto una grande installazione che fosse in grado di accompagnare la dinamica dell’architettura preesistente, sottolineandone le forze ed entrando in rapporto con essa. Un’opera che sapesse evocare la spiritualità e la natura del luogo, stimolandolo e interrogandolo. Da qui è nata quest’opera unica che si articola in più elementi, dando vita ad ambienti molto diversi.
Nella navata centrale, alta ed estesa, forze verticali e orizzontali si alternano accompagnando l’andamento delle colonne e il ritmo delle navate. In questo luogo di memoria, trasmissione del sapere e approfondimento religioso, Parmiggiani ha collocato una biblioteca fatta di ombre di libri incendiati. Il richiamo alla funzione del luogo è flagrante e l’assenza dei libri, evocati dalle sole ombre, riporta la calma e la meditazione dello studio. Al cuore della distruzione si situa la matrice delle interpretazioni possibili, frutto di memoria e immaginazione.
Ai piedi si estende un mare di vetri rotti e spezzati, nell’equilibrio precario di un labirinto. Impregnata di simboli, questa parte dell’installazione si offre anche come immagine semplice e immediata, capace di far nascere emozioni forti, suscitando un approccio empatico da parte dei visitatori.
Cruciale è il ruolo della luce, reale
trait d’union con l’altro polo dell’installazione, ubicata nella sacrestia. “
Claudio Parmiggiani ha voluto una luce naturale su tutta l’opera”, spiega Catherine Grenier, “
in modo da conservare integro il mistero. Sempre abbagliati dalle luci artificiali, i nostri occhi hanno perso l’abitudine di adeguarsi al variare della luce naturale e di cogliere le sfumature delle ombre lunghe e dei contorni scuri”. Vedere le opere al variare della luce del giorno e della sera equivale a vivere esperienze diverse, apprezzando aspetti differenti di un’unica opera, che è però viva e mutevole nel tempo.
È suggestiva e malinconica la sacrestia, soprattutto al buio della sera. Le campane che Parmiggiani ha disposto qui evocano un’atmosfera cimiteriale, di silenzio e riflessione, di un suono che è stato ma ora non è più. È un luogo evocativo che Parmiggiani ha voluto integrare nella sua installazione: “
Così intimamente legata alla funzione religiosa, la sacrestia ha da subito affascinato Claudio Parmiggiani. L’architettura d’origine è molto presente e l’installazione cerca di farle eco, rispettando l’anima di un luogo meditativo”.
Tra i due ambienti così diversi dell’installazione si situa un video con le parole di Parmiggiani. Contrariamente alle sue abitudini, l’artista ha accettato in quest’occasione di mostrarsi in un video che non si vuole un documentario, ma una semplice risorsa capace di fornire alcune chiavi di lettura. Secondo le parole di Catherine Grenier, “
scuola teologica e centro culturale, il Collège des Bernardins accoglie ogni giorno molte persone lontane dal vocabolario dell’arte contemporanea e pertanto suscettibili di desiderare alcuni strumenti per entrare in sintonia con l’installazione. E così il video dell’artista e i mediatori culturali all’ingresso hanno lo scopo di fornire, a chi lo desiderasse, delle semplici chiavi per aprire il mistero dell’opera, e favorire un’empatia con l’installazione”.