L’interesse europeo per la scena artistica indiana si diffonde finalmente anche in Belgio, dove il museo d’arte contemporanea di Anversa le dedica la prima grande mostra. Si parte dalla prima scultura pubblica modernista indiana,
Santhal Family, che, rappresentando una famiglia di lavoratori emigrati, tratta un tema sociale miscelando linguaggio orientale e occidentale.
La rassegna omonima non presenta quest’opera di
Ramkinkar Baij ma dimostra la sua importanza tramite artisti contemporanei del sub-continente, in diaspora o meno. Includendo pure alcuni artisti non indiani, sottolinea il suo contributo al modernismo, quello figurativo principalmente, che a partire dagli anni ‘20-‘30 si sviluppa a livello internazionale.
Goshka Macuga ricostruisce il dipartimento artistico dell’Università di Santiniketan, nella provincia del Bengali, portando negli spazi del Muhka uno stupendo albero con panchine tutt’intorno e alcune piccole sculture di Baij e di studenti dell’ateneo. Si entra così nell’atmosfera di quest’importante luogo d’incontro, dove la politica di sinistra prende forma nelle arti visive, nel teatro, nella letteratura e nel cinema. Nutriti dagli eventi storici: l’indipendenza avvenuta nel 1947, il post-colonialismo, la fame, la povertà.
Il documentario su Baij di
Ritwik Ghatak, artista sempre rimasto esterno al mainstream di Bollywood e oggi figura cult a Bengali, ci fa conoscere Baij come scultore e pittore dai colori e materiali naturali, legati alla terra.
L’impegno sociale emerge con forza in
Sheela Gowda, che per l’installazione
Kage Bangara utilizza i contenitori in metallo che si ritrovano nei quartieri popolari in periferia, mentre
Meera Mukherjee ha collaborato con donne del proprio Paese per realizzare le coperte decorate da disegni infantili.
Di
N.S. Harsha, che lavora spesso anch’egli con i bambini, sono in mostra opere monumentali, che mettono in stridente dialogo figure in meditazione e businessman, per denunciare gli effetti della globalizzazione e della liberalizzazione economica sui contadini. Sulla stessa linea, la serie di fotografie intimiste di
Sudhir Patwardan mostra l’invasione dell’industria e dell’inquinamento nella città di Mumbai.
Forte pure la critica sulla condizione degli artisti da parte del basco
Juan Perez Agirregoikoa: “
Ho cominciato a fare dei pannelli dimostrativi quando non trovavo uno spazio per esporre. Il sistema di protesta era l’unica soluzione. Vai per strada con un pezzo di tela e sei libero di dire quello che vuoi”. Un impegno sociale che è assai diffuso nell’arte moderna e contemporanea indiana, di cui questa mostra fornisce un’ottima introduzione per il pubblico belga.