Provengono in gran parte da Cittadellarte le 68 opere che ripercorrono i momenti salienti dell’attività di
Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933). Il suo
Autoritratto accoglie il visitatore, introducendolo ai
Quadri specchianti degli anni ‘60. Lo invita a farne parte, in un gioco di specchi che varia incessantemente in relazione alla posizione di chi osserva. Lo spettatore si ritrova così al fianco di figure sconosciute, in atti più o meno quotidiani, o vicino a personaggi come
Duchamp seduto su un legno di Brancusi (1962-73). È una diversa percezione del tempo, quella suggerita da queste opere, che
“in un movimento sempre ‘presente’” concentra
“in sé il passato e il futuro tanto da far dubitare della loro esistenza”, scriveva l’artista nel 1966.
Una carrellata di
Oggetti in Meno (1965-66) precede l’immancabile
Venere degli Stracci (1967). La dea dell’Arte Povera campeggia al centro di una sala letteralmente invasa da altri lavori emblematici di quel periodo, come
L’orchestra di stracci (1968) o la
Rosa Bruciata (1965).
L’affollamento, forse eccessivo, di quest’ambiente mette in risalto l’ordine rigoroso che caratterizza quelli successivi, dove gli specchi tornano a essere indiscussi protagonisti. In
Divisione e Moltiplicazione dello Specchio (1978) sono tagliati in parti poi giustapposte secondo angolazioni che le fanno riflettere l’una nell’altra.
Ne risultano infinite possibilità di moltiplicazione, metafora del processo di riproduzione degli organismi ma anche del sogno di una società nuova, non esclusiva. Una società in cui diverse anime sappiano convivere, come nell’
Etrusco e la strada romana (1976). La riproduzione dell’Arringatore fiorentino, sull’estremità di un sentiero, tende un braccio di fronte a sé, verso uno specchio. Nell’immagine riflessa vediamo integrarsi antico e nuovo, l’uomo etrusco e la strada romana, la storia e il nostro mondo.
Ancora un incontro, questa volta fra arte e quotidianità, in
Segno Arte, l’opera che chiude la mostra. La sagoma del corpo umano, considerata nella sua massima estensione -con braccia e gambe divaricate a formare due triangoli che s’intersecano-, è il significativo modulo da cui prendono forma un lavabo, una porta, un letto, un termosifone, una finestra. Oggetti della vita di ogni giorno. A misura d’uomo.
A pochi mesi dall’ultima personale francese, che ha voluto evidenziare –a Marsiglia- il ruolo centrale ricoperto dall’artista nell’Arte Povera, nel museo nizzardo si snoda un percorso che mette invece in rilievo l’aspetto socialmente impegnato dell’artista. Un percorso che prosegue idealmente a Biella, presso la Fondazione Pistoletto, parte integrante della sua complessa
est-etica.