“Stargli vicino era complicato: era capace di dipingere
sul frigorifero, sulle pareti o dovunque esistesse una superficie liscia. Un
giorno tagliò un materasso in sei parti, per dipingere su ogni pezzo. La sera,
per dormire, doveva rimettere tutti i pezzi insieme. Di notte spesso usciva,
per tracciare di nascosto i suoi graffiti sui muri della città, firmati SAMO,
che si potevano ammirare al mattino”. È il
racconto di Edo Bertoglio (regista del documentario Downtown 81,
presentato a Cannes nel 2004) che descrive in parte Jean Michel Basquiat (New York, 1960-1988).
Nato da famiglia borghese, flâneur
per vocazione e poi stroncato a 28 anni da un’overdose nel 1988, oggi festeggia
i suoi nuovi cinquant’anni, grazie
all’apertura di una delle maggiori retrospettive mai organizzate sul suo
percorso artistico. La mostra, realizzata dalla Fondazione Beyeler in
collaborazione con il Musée d’Art Moderne della città di Parigi, dove sarà
presentata da ottobre a gennaio, è sostenuta dall’iniziativa Estate of
Jean-Michel Basquiat di New York e dai suoi principali galleristi e
collezionisti. Commissari della mostra sono Dieter Buchhart e Sam Keller,
incaricati di seguire la pubblicazione del catalogo. È lo stesso Dieter
Buchhart, storico dell’arte, a essere curatore responsabile delle ricerche, del
progetto allestitivo e del catalogo.
Con 100 dipinti, lavori su carta e oggetti provenienti da
archivi di tutto il mondo, la praticamente infinita esposizione svizzera
intende ricordare il 50esimo anniversario della nascita di Basquiat. Primo
afroamericano che riuscì, attraverso un’improvvisa (e quanto mai
Factory-directed) ascesa verticale, a scalare i vertici del mondo ufficiale
dell’arte. A partire dagli esordi, fino alle ultime tele, composte dall’artista
poco prima che l’eroina lo annullasse, la mostra insegue tappa dopo tappa quel quid (talvolta invisibile) che consacrò Basquiat
portandolo dalla fama alla celebrità.
La sua vita, secondo questa rassegna, rimane una sorta di
meteora che, per aver brillato troppo, ha collassato su se stessa, regalando
nuova vita alla propria scia. Presente trasversale nel cielo dell’arte.
L’esposizione impeccabile e la scelta cronologica di un percorso libero, ben
orchestrato, rendono questo evento una mostra da non perdere, anche solo per il
mero, calibratissimo valore antologico.
Qui, come nella vita reale, tutto ha inizio con la sigla
SAMO (The same old shit) con cui Basquiat decise di firmare i suoi primissimi
lavori. Proseguendo, tele di grande, media e piccola misura ispezionano, con
grossolano e incompiuto divertimento, ogni gerarchia e ogni regola: dai fumetti
ai disegni da bambini, dalla pubblicità alla Pop Art. L’insieme graffiato di
questi segni improvvisi rievoca gesta appartenenti alla più inventata civiltà
azteca, africana, greca, romana, vaticinando la cultura dell’oggi come una
strada infinita per gente di città. Le tele di Basquiat sono infatti ricolme di
silhouette scheletriche, smorfie da maschera e pittogrammi pronti a varcare
spazio e tempo, per dimostrare il loro valore: esatto e contrario.
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in Triennale
ginevra bria
mostra visitata il 9 maggio 2010
dal 9 maggio al 5 settembre 2010
Jean-Michel
Basquiat
a cura di Dieter Buchhart e
Samuel Keller
Fondation Beyeler
Baselstrasse
101 – CH-4125 Riehen/Basel
Orario: tutti
i giorni ore 10-18; il mercoledì fino alle 20
Ingresso:
intero CHF 25; ridotto CHF 12
Catalogo
disponibile
Info: tel. +41
0616459700; fax +41 0616459719; fondation@beyeler.com; www.beyeler.com
[exibart]
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