L’instanbul Modern ha aperto il 2016 con “Till it’s gone: An Exhibition on Nature and Sustainability”, una mostra necessaria – nelle intenzioni dei curatori – per manifestare “un desiderio di natura, di un mondo vivibile e di un equilibrio ecologico sostenibile”. Il tema è caro al museo che, già nel 2011, aveva allestito “Paradise Lost”, con lavori che raccontavano la nostalgia per una natura perduta e l’eterna lotta tra tecnologia e natura. Con questa mostra Çelenk Bafra e Paolo Colombo sottolineano l’urgenza di una profonda riflessione sulla sostenibilità e di artisti che rovescino il nostro rapporto con la natura e lo sguardo superficiale che condividiamo sulla difesa e conservazione dell’ambiente.
Per far ciò sono stati invitati Roger Ackling, Bas Jan Ader, Alper Aydın, Bingyi, Jasmin Blasco and Pico Studio, Charles A. A. Dellschau, Elmas Deniz, Mark Dion, Hamish Fulton, Rodney Graham, ikonoTV “Art Speaks Out”, Lars Jan, Mario Merz, Maro Michalakakos, Joni Mitchell, Yoko Ono, Camila Rocha, Canan Tolon, Francesco Garnier Valletti, e Pae White. Alcuni artisti hanno prodotto appositamente i lavori per la mostra, come ad esempio Maro Michalakakos con i suoi acquerelli che ricordano la rappresentazione scientifica degli uccelli nel XIX secolo: il fenicottero rosso con il collo annodato alla sua stessa gamba è una metafora riuscita per un mondo rovinato dall’incompetenza e dai propri errori. Una simile confusione è suggerita anche dall’installazione site specific della brasiliana Camila Rocha che accoglie i visitatori nel foyer all’ingresso della mostra: una foresta lussureggiante composta da elementi naturali e fittizi.
La mostra è idealmente dedicata agli artisti della generazione del ’68 per avere, per primi, sollevato il problema della sostenibilità e dell’ecosistema. Il titolo, “Till it’s gone”, è infatti mutuato da Big Yellow Taxi, una canzone di Joni Mitchell, che dice “You don’t know what you’ve got, till it’s gone”.
E infatti al centro della grande sala espositiva campeggia una spirale di Mario Merz con delle mele verdi che riproducono la sequenza di Fibonacci, ad esplorare la potenza della natura sempre in espansione. Immaginiamo che sia merito del curatore Paolo Colombo (Torino 1947), se di fianco a Merz troviamo Francesco Garnier Valletti, un artigiano torinese del XIX secolo che disegnò tutti i frutti che crescevano al tempo in Piemonte, quasi tutte quelle specie non esistono più e ci rimangono solamente i loro semi. Ancora direttamente dai tardi anni ’60 troviamo Roger Ackling, artista che ha sempre lavorato soltanto con elementi naturali, in particolare con legni trasformati dalla luce del sole con l’aiuto di una lente d’ingrandimento.
La mostra si snoda fluida alternando artisti di diverse generazioni legati da un unico fil rouge e così compare Alper Aydın, un giovane seguace della Land Art, al quale è stata commissionata una “Stone library”, con pietre di vari formati che Alper ha raccolto in giro per la Turchia. Particolarmente lirica è EX it, l’installazione di Yoko Ono, con le piante di ulivo che spuntano da numerose bare, così come è delicata, ma di grande impatto, l’opera dell’artista cinese Bingy, che porta in mostra metri di tessuto sul quale ha dipinto con tratto sottile l’effetto del disastroso terremoto e della successiva inondazione del 2008 in Cina.
Emanuela Bernascone
mostra visitata il 27 gennaio
Dal 13 gennaio al 5 giugno 2016
Till it’s gone: An Exhibition on Nature and Sustainability
Istanbul Museum of Modern Art,
Meclis-i Mebusan Cad. Liman İşletmeleri
Sahası Antrepo No: 4, 34433 Karaköy – İSTANBUL
Orari: da martedì a domenica 10.00 – 18.00, Giovedì 10.00 a.m – 8.00 p.m