È come sfogliare le pagine di un manuale di storia
dell’arte contemporanea. Tutti i nomi degli artisti che negli ultimi periodi
hanno caratterizzato lo scenario internazionale ci sono.
Esposti nel museo di
Álvaro Siza (concluso a metà degli anni ‘90),
che per la sua realizzazione ha dovuto sempre tener presente la
condicio
sine qua non:
doveva inserirsi nel parco della tenuta della famiglia col minimo impatto
ambientale. E così è stato. Le sue forme si adeguano a quelle del paesaggio e
non un solo albero è stato abbattuto per far posto all’architettura. Fortemente
caratterizzato da grandi finestre che sono fonti di luce e, allo stesso
momento, cornici al panorama o alle opere, come per
Earth Circle (2001) di
Richard Long, “riconoscibile” malgrado
l’inopportuno il telo di protezione.
Nonostante l’accostamento a volte azzardato (vedi
Oberammergau di
Luc Tuymans prossimo a
X.Baracke di
Georg Herold), la mostra vuole creare un
percorso intimo fra i lavori e rendere visibile il programma di raccolta,
nonché le recenti acquisizioni. Raggruppate in ben nove specifiche sezioni, le
oltre centotrenta opere esposte sono ovviamente in prevalenza di artisti
portoghesi.
Qualora si volesse stilare una giocosa classifica, seguono
gli artisti statunitensi, tedeschi e inglesi e via via fino a toccare i quattro
angoli dell’emisfero, dal Giappone (
Shigeko Kubata,
Video Girls and Video Songs
for Navajo Sky,
1973) al Sudafrica (
Marlene Dumas,
No Interviews, Please, 1980-89), al Bangladesh (
Runa
Islam,
Parallel, 2001), senza dimenticare piccole
nazioni come la Croazia (
Dimitrije Bašičević Mangelos con una serie di tempere dagli
anni ’50 ai ’70) o il Belgio (
Marcel Broodthaers con
Etagère jaune avec lettres
de l’alphabet, chiffres en terre glaise, 1968).
Da notare inoltre una buona presenza di artisti
dell’America Latina e, stranamente, una grande assenza degli Young British
Artist. Gli artisti italiani? Sono prevalentemente dell’Arte Povera.
Se alcuni lavori non sono esattamente l’
opera major dell’artista (
Acting Silly di
Ed Ruscha), sono tuttavia rappresentativi
del suo percorso (
Wood-Lead Prop di
Richard Serra) o fortemente significativi (
Inventaire des
objects ayant appartenu a une vieille dame de Baden-Baden di
Christian Boltanski e
The Fence di
Miroslaw Balka e
Luc Tuymans).
Lavori interessanti, che esercitano una certa fascinazione,
sono quelli di
Helena Almeida (
Sem titulo, 1994-95: serie di dodici fotografie in b/n di grande
formato, che testimoniano uno sconosciuto dramma), di
Hans-Peter Feldmann (
Alle Kleider einer Frau, 1974: dodici pannelli di
fotografie che mettono in rassegna gli abiti e gli accessori appartenuti a una
ragazza) o
LM44/EB61 (1995) di
João Penalva, in cui l’artista ricostruisce, attraverso articoli di
giornale, la scena dell’assassinio di un antiquario di Londra.