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16
ottobre 2007
fino al 6.I.2008 IX Biennale di Lione Lyon, Sedi varie
around
Biennale di Lione, nono atto. Non sapendo trovare un nome, si dà libero corso alla numerologia. Quattro sedi e due curatori. Due squadre composte da quarantanove curatori, invitati a scegliere un artista. E quattordici artisti che creano un percorso. Totale: centoundici, forse, teste pensanti. Per definire un decennio...
Nello scenario autunnale delle biennali globali in ormai evidente moltiplicazione, puntuale giunge quella lionese. Dopo la spettacolare L’expérience de la durée di Jérôme Sans e Nicolas Bourriaud, per l’edizione 2007 il direttore artistico Thierry Raspail ha affidato l’organizzazione a Stéphanie Moisdon, parigina classe 1967, e allo svizzero londinese d’adozione Hans Ulrich Obrist. Con l’intento di continuare e chiudere la trilogia dedicata alla temporalità.
Il titolo è ambizioso: Storia di un decennio che non ha ancora un nome. La missione non consiste solo nel definire le tendenze, ma nel tentare di storicizzare il contemporaneo, di creare un’archeologia dell’attualità. Al fine di mostrare le opere come futuri capitoli di un libro di storia e geografia. Il format scelto è una giostra vorticosa, organizzata con regole precise. Regole di un gioco nel quale intervengono 63 giocatori divisi in due categorie. 49 curatori provenienti da tutto il mondo -con nomi nuovi accanto ad altri di grido- sono stati invitati da Obrist e Moisdon a rispondere alla domanda: “Qual è l’artista o l’opera d’arte che occupa secondo voi un posto essenziale in questo decennio?”.
I due gironi così formati, mescolati nelle quattro sedi della biennale, non hanno goduto di un ordine spaziale preciso. Così, negli ampi spazi della Sucrière troviamo Massimiliano Gioni che sceglie Urs Fischer, Hamza Walker che opta per la coppia portoricana Allora & Calzadilla. Cao Fei è invitato da Hu Fang e Shilpa Gupta, con una splendida installazione interattiva, dall’indiana Pooja Sood. E ancora, Daniel Birnbaum invita Thomas Saraceno ed Eric Troncy David Hamilton, con le sue fotografie di adoloscenti bucoliche e sensuali, oggi ancor più provocatorie di ieri.
Al Museo d’arte contemporanea progettato da Renzo Piano troviamo in prima linea Saâdane Afif che, interrogandosi sul decennio, predilige la scena francese, e dedica un piano intero del museo a Patrice Joly, fondatore e direttore della Zoo Galerie di Nantes e della rivista 02. Rumori e polemiche al secondo piano del museo -vietato ai minori- per l’opera dell’icona della performance a “sorpresa”, Tino Seghal. Lo scenografo Jérôme Bel, col suo spettacolo The Show must go on, reinventa i codici della danza contemporanea, coinvolge il corpo di ballo dell’Opera di Lione e accompagna il visitatore nelle sale con musica a tema. Michel Houellebecq si lancia nell’adattamento cinematografico del suo romanzo La possibilità di un’isola e per questa Biennale invita gli artisti che hanno lavorato alla realizzazione del film, tra i quali la star Rem Koolhaas. Infine, Pierre Joseph, figura chiave degli anni ‘90, diventa curatore e, a interpretare la sua prospettiva, chiama una decina di giovanissimi artisti francesi.
La Fondazione Bullukian, sede inedita per la Biennale, ospita lo spazio e-flux video rental e la grande installazione di Liu Wei, in evidente polemica con i rapidi cambiamenti di Pechino dovuti ai Giochi olimpici. Infine, negli spazi dell’Institut d’Art Contemporain della banlieue lionese, a Villeurbanne, troviamo una quantità infinita di video. Vale la pena di fermarsi nella sala di Mai-Thu Perret e Seth Pricet; mentre l’opera di Claire Fontaine chiede di essere attraversata per arrivare alla sala con le cento fotografie di Una Szeeman, figlia del compianto Harald.
La scena può sembrare eccessivamente polifonica, un frattale che inghiotte artisti, critici e curatori, ma l’esperienza è affascinante. Le critiche -come per ogni Biennale che si rispetti- non sono mancate. Perché la formula poteva rivelarsi un gioco “pericoloso”, con troppi punti di vista e troppi nomi. Forse un eccessivo pluralismo, che però ha un merito importante e oggettivo: presentare un ventaglio relativamente nuovo di proposte e Paesi. Che non corrispondono necessariamente alle tendenze del mercato.
Il titolo è ambizioso: Storia di un decennio che non ha ancora un nome. La missione non consiste solo nel definire le tendenze, ma nel tentare di storicizzare il contemporaneo, di creare un’archeologia dell’attualità. Al fine di mostrare le opere come futuri capitoli di un libro di storia e geografia. Il format scelto è una giostra vorticosa, organizzata con regole precise. Regole di un gioco nel quale intervengono 63 giocatori divisi in due categorie. 49 curatori provenienti da tutto il mondo -con nomi nuovi accanto ad altri di grido- sono stati invitati da Obrist e Moisdon a rispondere alla domanda: “Qual è l’artista o l’opera d’arte che occupa secondo voi un posto essenziale in questo decennio?”.
I due gironi così formati, mescolati nelle quattro sedi della biennale, non hanno goduto di un ordine spaziale preciso. Così, negli ampi spazi della Sucrière troviamo Massimiliano Gioni che sceglie Urs Fischer, Hamza Walker che opta per la coppia portoricana Allora & Calzadilla. Cao Fei è invitato da Hu Fang e Shilpa Gupta, con una splendida installazione interattiva, dall’indiana Pooja Sood. E ancora, Daniel Birnbaum invita Thomas Saraceno ed Eric Troncy David Hamilton, con le sue fotografie di adoloscenti bucoliche e sensuali, oggi ancor più provocatorie di ieri.
Al Museo d’arte contemporanea progettato da Renzo Piano troviamo in prima linea Saâdane Afif che, interrogandosi sul decennio, predilige la scena francese, e dedica un piano intero del museo a Patrice Joly, fondatore e direttore della Zoo Galerie di Nantes e della rivista 02. Rumori e polemiche al secondo piano del museo -vietato ai minori- per l’opera dell’icona della performance a “sorpresa”, Tino Seghal. Lo scenografo Jérôme Bel, col suo spettacolo The Show must go on, reinventa i codici della danza contemporanea, coinvolge il corpo di ballo dell’Opera di Lione e accompagna il visitatore nelle sale con musica a tema. Michel Houellebecq si lancia nell’adattamento cinematografico del suo romanzo La possibilità di un’isola e per questa Biennale invita gli artisti che hanno lavorato alla realizzazione del film, tra i quali la star Rem Koolhaas. Infine, Pierre Joseph, figura chiave degli anni ‘90, diventa curatore e, a interpretare la sua prospettiva, chiama una decina di giovanissimi artisti francesi.
La Fondazione Bullukian, sede inedita per la Biennale, ospita lo spazio e-flux video rental e la grande installazione di Liu Wei, in evidente polemica con i rapidi cambiamenti di Pechino dovuti ai Giochi olimpici. Infine, negli spazi dell’Institut d’Art Contemporain della banlieue lionese, a Villeurbanne, troviamo una quantità infinita di video. Vale la pena di fermarsi nella sala di Mai-Thu Perret e Seth Pricet; mentre l’opera di Claire Fontaine chiede di essere attraversata per arrivare alla sala con le cento fotografie di Una Szeeman, figlia del compianto Harald.
La scena può sembrare eccessivamente polifonica, un frattale che inghiotte artisti, critici e curatori, ma l’esperienza è affascinante. Le critiche -come per ogni Biennale che si rispetti- non sono mancate. Perché la formula poteva rivelarsi un gioco “pericoloso”, con troppi punti di vista e troppi nomi. Forse un eccessivo pluralismo, che però ha un merito importante e oggettivo: presentare un ventaglio relativamente nuovo di proposte e Paesi. Che non corrispondono necessariamente alle tendenze del mercato.
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barbara martorelli
mostra visitata il 17-18 settembre 2007
*foto in alto: Josh Smith – Senza titolo – 2007 – courtesy Galerie Catherine Bastide, Bruxelles e Luhring Augustine, New York – photo Blaise Adilon
dal 17 settembre 2007 al 6 gennaio 2008
IX Biennale di Lione – Storia di un decennio che non ha ancora un nome
a cura di Stéphanie Moisdon e Hans Ulrich Obrist
La Sucrière – Port Rambaud, quai Rambaud – 69002
Fondation Bullukian -26, place Bellecour – 69002
Musée d’Art Contemporain – Cité Internationale, 81, quai Charles de Gaulle – 69006
Institut d’Art Contemporain – 11, rue Docteur Dolard – 69100 Villeurbanne
Orario: da martedì a domenica ore 12-19; il venerdì fino alle ore 22
Ingresso: intero € 10; ridotti da € 7 a € 2
Info: tel. +33 0472074141; fax +33 0472000313; info@biennale-de-lyon.org; www.biennale-de-lyon.org
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