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Nudo, capelli lunghi sciolti, immobile. La performance dell´artista cinese Ma Liuming non prevede niente di piú che questo: l´esposizione del suo corpo, di una bellezza adolescenziale e ambuiga, e la registrazione delle reazioni degli spettatori chiamati a farsi fotografare insieme a lui in diverse città del mondo: imbarazzo e pudore in Europa e Canada, risate e leggerezza nelle metropoli asiatiche.
È una delle numerose performance documentate nella bella mostra sull´arte del sud est asiatico Translated Acts – corpo e arte performativa dall´Asia orientale, che si costruisce, in un percorso ricco di stimoli e di deviazioni, principalmente attorno a due nuclei: la percezione della corporeità nella cultura orientale e il suo inevitabile incrocio (e scontro) con quella occidentale. Come spiega la curatrice newyorkese di origine coreana Yueyon Kim, Translated Acts non vuole infatti essere una semplice ricognizione del panorama artistico cinese, coreano o taiwanese: e sarebbe infatti riduttivo attribuire un solo valore “etnografico” ad una mostra il cui interesse risiede non solo nel rappresentare una finestra aperta sul lontano oriente, ma anche nella messa in gioco di due culture tradizionalmente opposte, l´europea e l´asiatica. I 47 artisti chiamati ad esporre (molti dei quali residenti in America o Europa) si confrontano infatti con la commisitione, la contaminazione e il contatto dei due mondi, come per esempio nell´ironia della giapponese Mariko Mori, abbigliata con un´immaginifica tuta spaziale in stile manga e incapsulata in una cella di plexiglass per le strade di Londra, di New York, di Hong Kong. Di come l´incontro sia spesso colonizzazione, annullamento dei valori, testimonia il cinese Xu Bing, nella cui performance un maiale dipinto con caratteri occidentali e un uomo ricoperto di caratteri orientali si annusano e si rotolano insieme. Altri scelgono di rifarsi ad elementi ai valori dell´oriente, alla filosofia e religione, come la metamorfosi degli elementi in un ininterrotto ciclo vitale richiamata nella performance di Michael Joo, o il sesso tantrico di Atta Kim. A richiamare la costrizione a cui il corpo puó essere sottoposto – e a fare letteralmente dell´arte una condizione di vita e disciplina – è Tehching Hsieh, campione delle performance lunghe un anno: un anno senza metter piede in un luogo chiuso, un anno vissuto legato insieme ad una donna con il divieto di toccarsi, un anno (e qui la beffa) senza interessarsi d´arte né prendere parte a manifestazioni artistiche.
Ma il corpo – o per lo meno la sua rappresentazione – non viene spesso costretto, maltrattato, torturato per semplice volontà di provocazione e scandalo, ma diventa strumento di denuncia contro le vere torture, i maltrattamenti e la censura dei regimi, soprattutto in Cina. Come dimostra il toccante film di Wang Xiaoshuai Frozen, proiettato giornalmente negli spazi della mostra, sull´ultima performance del giovane artista cinese Qi Li: una sepoltura nel ghiaccio che porta apparentemente alla sua morte, l´intervento delle autoritá che chiudono di forza la mostra postuma a lui dedicata e il suo di poco seguente suicidio, avvenuto nel 1991.
N. G.
Fino al 6 maggio
Translated Acts – corpo e arte performativa dall´Asia orientale
Haus der Kulturen der Welt, John-Foster-Dulles-Allee 10, 10557 Berlino
Info: tel. 0049 – 030 – 397870, www.hkw.de
Ingresso 6 DM, aperta da martedí a domenica dalle 11 alle 19.
[exibart]