Insolita e bizzarra questa mostra del tedesco Olaf Nicolai (Halle/Saale, 1962), frutto di un progetto partito nel settembre 2003 dalla città di Tilburg, in Olanda. Negli spazi espositivi il pubblico trova 42 ritratti fotografici di persone diverse, per età e sesso, ma accomunate da un unico dettaglio: il biondo ossigenato dei capelli. Se si contestualizza la specificità di questo carattere alle inquietanti retoriche di razza che segnarono la storia tedesca, sarà immediata –magari scontata- la riflessione. Premeditata o fortuita che sia, questa associazione lascia tuttavia un senso di insoddisfazione. Importante è a questo punto soffermarsi sulla genesi del lavoro, ripercorrendo la storia del processo artistico che ha portato all’installazione fotografica.
A Tilburg, Nicolai sviluppa il progetto Shopping, commissionato dall’olandese Fundament Foundation: si tratta di una vera e propria performance che coinvolge alcuni abitanti della città all’interno di un’area commerciale del centro urbano. Ogni partecipante viene fotografato prima e dopo l’intervento di schiarimento dei capelli, documentando così il momento di passaggio dall’aspetto abituale al nuovo look più glamour. Dalla raccolta di foto del dopo-trattamento nasce la mostra Blond presentata ad Amsterdam per la prima volta alla fine del 2003 e la selezione The Blondes di Berlino.
I ritratti vengono proposti -come usava Andy Warhol con le sue Marilyn– in una scansione seriale dal ritmo serrato che giustappone le immagini una di seguito all’altra senza nessuna concessione all’approfondimento riflessivo. Nonostante la vivacità degli sguardi e l’espressività di ogni volto, la stereotipia del biondo assottiglia a poco a poco le differenze e uniforma tutto a quell’unica nota comune. Ogni individuo, maschio o femmina, dissolve inevitabilmente il carattere peculiare della propria personalità nel cerchio banale dell’omologazione al biondo. L’artista mette così a nudo uno dei meccanismi tipici della feticizzazione del corpo e della cultura dell’esibizione di sé, connessi alla moda e allo star system. Già lo stesso Warhol d’altronde s’era appropriato dell’“identità”, ideale quanto fittizia, del biondo delle dive, indossando -come fosse una seconda pelle- finte parrucche platinate. Con questo lavoro Nicolai mette in atto uno dei propositi dichiarati del proprio operato artistico: formulare proposte che consentano alle persone di “discutere la propria posizione. Molte persone fanno sempre le stesse cose senza chiedersi il perché”. Ecco perché il gesto semplice del cambio di look, che in sé dovrebbe avere intenti distintivi, una volta promosso e generalizzato su vasta scala -a simbolo identitario e d’appartenenza- genera la contraddizione dell’omologazione. L’immaginario si impossessa, come accade per questa “bellezza” stereotipa, dell’invadenza di un significante vuoto, libero di proliferare senza senso per il mondo.
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