Bruges goes contemporary. La tendenza è iniziata nel 2002, anno in cui la città diventava capitale culturale d’Europa, e prosegue con questo festival multidisciplinare, tutto dedicato alla contemporaneità. Nelle maestose hall del Belfort (la torre campanaria), trasformate in maniera impeccabile dal curatore Roland Patteeuw, è allestita una mostra che indaga il tema del corpo attraverso diverse angolazioni, addentrandosi nello spazio tra pelle e orgasmo.
Centrale il curioso confronto tra due figure chiave della storia dell’arte: Jan Van Eyck e Marcel Duchamp. Di quest’ultimo ci sono solo opere che affrontano il tema dell’erotismo. L’analogia suggerita è quella tra il Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434) e Ragazzo e ragazza in primavera (1911), entrambe basate sulla corrispondenza amore-alchimia. Sono tutte copie, ma non c’è da indignarsi: è una scelta precisa di Patteeuw, che prova così a dissacrare l’unicità dell’opera d’arte. Unicità che nei nuovi media, da lui promossi con tanto fervore, non esiste più. Uno statement quindi.
In effetti, la maggior parte delle opere presenti sono video, quasi tutti di grande formato. Invece di essere piazzati dentro stanzette separate, come consuetudine vuole, i video si affiancano o sono uno di fronte all’altro. Il percorso risulta fluido e non caotico; le immagini, anzi, si rafforzano a vicenda. Charles Sandison colpisce -letteralmente- con child, female, dead, food, flusso di parole primordiali che si muovono come formiche, proiettate sui muri e sugli spettatori. Intanto arriva da un video la musica jazz della contrabbassista Joëlle Léandre, che entra in simbiosi con il suo strumento.
L’argomento, al pari dei testi del catalogo, presenta vari riferimenti all’alchimia, ma resta un po’ vago. Un vero e proprio filo conduttore non c’è: a ricorrere con insistenza è sempre e comunque il corpo. Forte l’animazione 3D di Yves Netzhammer, in cui una figura senza sesso né testa è in continua trasformazione. Il sangue perduto, nel tentativo di affrontare il mondo, è metafora di rigenerazione vitale. Zhang Huan presenta una performance del 2002 in cui, coperto di miele e semi, entra in una gabbia piena di piccioni. Allo stesso modo, Anke Schäfer esplora il suo stesso corpo, mentre sembra provocarsi strane macchie rosse sulla pelle, premendosi in più punti. Ingrid Mwangi indaga il ruolo della donna: tre schermi posizionati a forma di crocifisso mostrano la testa e le braccia dell’artista su cui vengono incise –fino al sanguinamento- le parole monogamous e polygamy. Brava nell’estetizzare la sofferenza. Ma il corpo conosce anche altre sensazioni. Con coloratissime metafore dell’immaginario erotico, quali fiori e frutta, Pickelporno (1992) di Pipilotti Rist presenta una coppia che gode di una corporalità sensuale e ironica, mentre Fabrice Hybert, con le sue altalene coperte da falli di plastica, interroga la sessualità infantile. Una mostra in cui provocazione e poesia procedono di pari passo.
liesbet waegemans
mostra visitata il 3 luglio 2005
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