Valie Export è uno pseudonimo che l’artista adotta nel 1967. Da quel momento in poi Waltrand Hoellinger cesserà di esistere. Valie (nome che rappresenta la femminilità) Export (cognome che fa allusione al marketing, preso a prestito da una famosa marca di sigarette) prenderà il suo posto. Morte del padre. Nascita dell’autrice.
La retrospettiva parte proprio da lì, dalle sue audaci performance femministe degli anni ’60, per spaziare nell’incessante sperimentazione artistica degli anni successivi, che la vedono protagonista di una fertilissima produzione di video, installazioni, fotografie, film, disegni.
Il percorso comincia con la “foto-dichiarazione di identità”. Ostentata attitudine maschile, sigaretta in bocca, Valie mostra il pacchetto-emblema della sua nuova immagine. “Sono un bene di consumo. Non solo una volta, ma due: come artista e come donna”. Così esordisce la femminista, provocando il pubblico, scegliendo un referente simbolico dal valore aggiunto: il sesso maschile. “Sono una donna. Mi comporto come un uomo” . Nel 1968 Valie entra in un cinema porno a fine spettacolo, indossa un paio di jeans tagliati intorno ai genitali e annuncia che l’oggetto del desiderio è ora disponibile, mentre cammina da fila a fila impugnando una pistola (Aktionhose: Genitalpanik). Gli spettatori a poco a poco lasciano il cinema. L’artista ha proposto loro la rivoluzione sessuale e il piacere senza limiti, ha frantumato il loro voyeurismo, capovolgendo il proprio ruolo di donna-oggetto sessuale.
Valie Export ha reso il fatto di essere donna materia della propria arte. Ha lavorato su sé stessa, sottraendo il corpo femminile alla mera oggettivazione a cui era stato confinato dalle performance distruttive degli Azionisti Viennesi. Valie ha sviluppato un concetto “espansivo” di corpo, quale fulcro di un sistema di comunicazione. Da qui deriva la sperimentazione di diversi media, l’inclusione della tecnologia nel proprio lavoro. Da qui vengono i cosiddetti “expanded movies”. Come altri film-makers, sente l’esigenza di muovere la cornice del film fuori dallo schermo, privilegiando in modo del tutto inedito la materialità e il corpo. In Abstract film N°1 la tecnologia è minimizzata il più possibile, lo specchio diventa un proiettore-riflettore. In Ping-pong (1968), definito il suo “film più politico” al Weiner Film Festival, la relazione strutturale tra schermo e audience, solitamente basata su una dinamica di stimolo-reazione passiva, viene capovolta in senso attivo. In Tapp und Tastkino, scende in strada invitando i passanti a toccarle i seni, infilando le mani nella scatola-teatrino fissatale al busto. Il corpo diventa materia stessa del film.
Quasi tutti i video presentati al Camden Arts Centre sono giocati sullo scambio “interno-esterno”, sul rapporto percezione-oggettivazione in cui il confine è rappresentato dal corpo stesso nella sua consistenza fisica. Anche la fotografia è un mezzo usato in modo concettuale, superando le barriere tra categorie spazio-temporali. Ontological Leap (1974) si configura come un esperimento visuale in cui l’immagine viene duplicata, aprendosi alla differenza. Il passaggio caleidoscopico dalla copia all’originale porta i vari livelli dell’immagine a fluttuare fra loro, confondendosi.
ottavia castellina
mostra visitata il 29 settembre 2004
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A fine ottobre sono stata in visita a Vienna e quindi ho fatto un giro anche al Belvedere dove, ahimé, ho "beccato" anche la mostra di Valie Export: davvero deludente, fuori luogo in tutti i sensi e démodée.
Non è riuscita a suscitare in me nessuna bella emozione tranne insofferenza per una esposizione dove appare ancora un femminismo insistente e ormai anacronistico.
Il mondo di oggi richiede altro al livello artistico.......