L’arte è da sempre muta ed attenta testimone della nostra esistenza, momento creativo che perciò pre-esiste anche alla propria esposizione. L’opera di George Legrady, Pockets Full of Memories, in mostra al museo Kiasma di Helsinki, sembra realizzarsi mentre diventa testimonianza della presenza tangibile degli spettatori, che -in questo caso- proprio attraverso la fruizione finiscono per determinarne la creazione stessa.
L’installazione interattiva del professore americano di comunicazione multimediale rappresenta l’ultimo livello della ricerca che da anni lo vede impegnato, ed arriva ad Helsinki dopo aver ottenuto importanti riconoscimenti di critica in numerose esposizioni d’arte e convegni tecnologici (tra i tanti, il Centre Pompidou di Parigi e il NY Digital Salon).
Il pubblico è invitato a donare alla mostra un oggetto personale –una penna, un anello, una fotografia…– servendosi di uno scanner e descrivendolo con tre aggettivi. Chiunque dovrà/potrà diventarne parte attiva, decidendo inoltre se lasciare o meno i propri dati e quelli relativi all’oggetto scelto.
L’archivio informatico -regolato da un sofisticato calcolatore algoritmico che accosta o separa gli oggetti- verrà quindi aggiornato quotidianamente, fino al termine dell’esibizione: ingrandendosi ed articolandosi progressivamente, esso darà vita a molteplici sottoinsiemi di immagini, attraverso criteri semantici basati sulla somiglianza descrittiva o sulla disuguaglianza.
Le immagini, ridotte a piccole tessere policrome -parti del grande mosaico cognitivo– vengono proiettate sulla parete della sala che diventa una sorta di murales metropolitano, ma sono agevolmente accessibili anche attraverso Internet, modificabili dai “proprietari” muniti di password e consultabili liberamente da fruitori on line, sul sito www.pocketsfullofmemories.com .
Le “tasche della memoria” superano così i confini spaziali del museo per arrivare dovunque, condivise liberamente e, come le idee e i ricordi, liberamente interscambiabili. Nessun ordine o canovaccio a definire gli esiti dell’esposizione/esperimento. L’artista ne programma qui solo l’inizio e, forse, ne intuisce la fine, senza realmente poterla pianificare, in quanto -compatibilmente con le tecnologie che la realizzano- essa è perennemente procrastinabile nel tempo. La testimonianza dell’opera (o viceversa) è il nostro piccolo, personale passaggio/contributo con il quale l’opera stessa cresce e si auto-completa. Legrady concepisce un’ idea che però non può essere partorita autonomamente e personalmente. L’archivio, paradossale metafora elettronica di esistenze biologiche reali, nasce vuoto e si arricchisce di strutture complesse grazie all’intima interazione con individui che ne riconoscono gli intenti ed accettano lo scambio, il gioco. Quello stesso gioco che è, in ultima analisi, il motore primo della vita.
link correlati
www.georgelegrady.com
www.pocketsfullofmemories.com
gaetano salerno
mostra visitata il 28 maggio 2004
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