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fino all’1.III.2010 | Gabriel Orozco | New York, MoMA

di - 26 Febbraio 2010
Alzando lo sguardo, nell’atrio del secondo piano del MoMA,
lo scheletro di una balena grigia, sospesa leggiadramente nell’aria, accoglie i
disorientati visitatori che per un istante pensano di essere al Museo di Storia
Naturale. L’installazione, Mobile Matrix (2006) – che è effettivamente lo scheletro di una
balena grigia originariamente commissionato dal Consiglio Nazionale per la
Cultura e le Arti del Messico come opera permanente nella biblioteca
Vesconcelos a Città del Messico -, è un’opera di Gabriel Orozco (Japala, 1962; vive a New York,
Città del Messico e Parigi). Ogni elemento osseo è caratterizzato da spesse
linee, fatte a matita da circa 20 assistenti, accompagnate da numerose altre
linee che, formando cerchi concentrici, si sovrappongono e intersecano gli uni
sugli altri.
La retrospettiva dedicata all’artista messicano è
costituita da più di ottanta opere tra sculture, disegni, installazioni,
fotografie e dipinti che riassumono circa due decadi della sua carriera.
Orozco sembra riprendere il discorso sulla questione
dell’oggettività dell’arte e del prodotto artistico, aperto dai movimenti
d’avanguardia tra le due guerre mondiali e portato all’apoteosi da Duchamp. Sebbene il concetto di ready
made qui assuma una dimensione diversa da quella sviluppata dallo stesso
Duchamp, l’oggetto e la sua riproduzione sono centrali nel lavoro di Orozco
che, in modo spesso ironico, gioca proprio su quel concetto di categorizzazione
che tanto ha caratterizzato il movimento Dada. L’oggetto, quindi, diventa un
espediente per discutere sul processo che porta alla realizzazione dell’opera
d’arte e alla sua validità estetica.
Nello stesso modo, Orozco prende oggetti casuali o
largamente diffusi, come per DS (1993), uno storico modello di automobile anni ‘60
prodotto dalla Citroën, per manipolarne forme e funzionalità, in questo caso
rimuovendo una porzione longitudinale centrale. Altri ready made enfatizzano
l’identità degli oggetti o ne sottolineano caratteristiche intrinseche come in Four
Bicycle (There is Always One Direction)
(1994).
Tra i lavori più recenti si trova invece EyesUnderElephantFoot(2009) che, con proporzioni ingigantite, rappresenta la parte
terminale di una zampa di elefante realizzata a partire
da una sezione
di tronco di un albero chiamato beaucarnea o pianta mangiafumo, alla cui base
sono stati inseriti piccoli occhi di vetro di varie dimensioni, giocando sul
rapporto tra arte e realtà.
Un altro elemento essenziale per Orozco è la fotografia.
Le immagini sono molto spesso manipolate ottenendo un effetto a volte poetico,
altre volte ironico, come in My Hands Are My Heart (1991), dove due immagini del suo
mezzo busto si susseguono verticalmente, escludendo in entrambe le immagini la
testa del soggetto. Le mani, invece, alle quali è rivolta l’attenzione, sono
strette prima intorno a un blocco di argilla e poi aperte, rivelando il
materiale modellato per assomigliare a un cuore poi, quasi a sottolineare come
nel suo lavoro sia stretto il legame tra fotografia e scultura.

La retrospettiva presentata dal MoMA apre le porte a varie
ipotesi interpretative, che spaziano dall’analisi della società consumistica
contemporanea al complicato rapporto tra l’oggetto d’arte e il suo significato.

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mostra visitata
l’11 febbraio 2010


dal 13 dicembre
2009 al primo marzo 2010
Gabriel Orozco
a cura di Ann
Temkin e Henry Kravis
MoMA – The Museum
of Modern Art
11 West 53rd Street
– 10019 New York
Orario: da
mercoledì a lunedì ore 10.30-17.30; venerdì ore 10.30-20
Ingresso: intero $
20; ridotto $ 16/12 (mostra); intero $ 10; ridotto $ 8/6 (film)
Catalogo The
Museum of Modern Art
Info: tel. +1
2127089400;
www.moma.org

[exibart]


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