A Villa Malpensata, sulla sponda ovest della riva di Lugano, sbarcano trecento fotografie. Trecento immagini rappresentative o, meglio, rievocative del XX secolo. Fra inquadrature e ritratti, tra
Avedon e
Lartigue,
Arbus e
Weegee, i curatori hanno deciso d’inserire in mostra anche scatti e visioni di nomi meno noti della fotografia d’arte. Dunque, solo per veri intenditori e per pochi adepti, alle pareti sarà possibile ritrovare e riconoscere preziosi lavori di
Anton Giulio Bragaglia, arrossature di
Luigi Ghirri, un insolito, inatteso momento rubato da
Tazio Secchiaroli e persino un inatteso scatto di
Ugo Mulas. Tutti traghettatori e pionieri della sperimentazione iconografica italiana del secolo passato.
Photo20esimo è così diventata una sorta di rassegna visiva disposta su tre interi piani. Al museo ticinese, tutte le sale, illuminate all’apparenza più del solito, sono state preparate per ospitare la sola presentazione di questa eccezionale collezione privata. Le opere appartenenti a un unico proprietario, sebbene non sempre brillino per riconoscibilità, per chiarezza e per pertinenza storico-critica, s
ervono comunque a inquadrare un percorso di visita compatto, lasciando una vaga traccia d’approssimazione rispetto all’idea originale, che prevedeva lo svelamento di un’evoluzione sociologica e tematica del mezzo-fotografia.
La kermesse, infatti, si articola lungo otto sezioni separate, per indicare all’osservatore dove e come marcare l’andamento di lettura di ciascuna immagine. Astrazione, Corpo, Ritratto, Arte e artisti, Paesaggio, Reportage, Still life e infine Moda sono i confini netti che guidano gli spazi e che creano differenti ambiti di studio attraverso le lenti dell’obiettivo. Dalle avanguardie storiche alla moda, dal reportage sociale al cinema, dalla natura morta alla pubblicità, dal ritratto allo studio del nudo, numerose sono le influenze reciproche tra questi ambiti di ricerca ed espressione dei più grandi fotografi del Novecento.
Accanto alla serie di opere sono poi state esposte anche alcune macchine fotografiche appartenute a
Manuel Alvarez Bravo, a Ghirri e a Mulas. Nelle teche che concludono alcune delle sezioni tematiche sono stati inoltre inseriti libri fotografici d’autore e alcuni reperti di carattere documentale, che costituiscono un capitolo importante della storia delle immagini e della cultura delle immagini stesse.
Per chi invece decidesse di visitare la rassegna senza avere alcun intento di lasciarsi guidare da un indirizzo didascalico, si tenga pronto a far passare attraverso gli occhi volti, luci, scenari e paesaggi.
Sebbene i capolavori in mostra non siano moltissimi, di notevole interesse rimangono alcuni reportage di
Beard, le foto di moda di
Sierd, di
Lartigue e di
Horst, alcuni ritratti e autoritratti e una coppia di foto nella sezione artistica nella quale spicca uno spunto spiraliforme avanguardista firmato
Moholy-Nagy.