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fino all’8.VI.2008 | George Rousse | Paris, Maison Européenne de la Photographie

di - 19 Maggio 2008
È la forma virtuale, ideale, possibile che è spinta fino al suo limite dalla visualizzazione creatrice di George Rousse (Parigi, 1947). È l’idealità che si apre una strada superando i confini, le costrizioni, i margini distruttivi o destrutturanti del reale. Prendere possesso di luoghi destinati alla distruzione e intervenire liberamente seguendo la propria immaginazione: ritagliare lo spazio, ricrearlo, trasformarlo, pensarlo nelle sue infinite metamorfosi. Modificarlo semplicemente attraverso la luce.
Artista plastico molteplice, Rousse associa la fotografia alla scultura, alla pittura o al disegno; sceglie luoghi d’abbandono, siti industriali in disuso, edifici disertati, lasciati all’oblio, già preda del silenzio. Negli anni ‘80 inizia a dipingervi sui muri presenze umane, figure in movimento portate dal respiro della sua figurazione libera. Le pitture s’inseriscono nello spazio ispirandovi nuova vita; le loro silhouette incominciano a circolare in quei luoghi restituendoli al mondo dei viventi.
Più tardi, a partire dal 1983, è la concezione astratta dello spazio architettonico a essere investita; sono i volumi geometrici aggiunti come forme virtuali al luogo reale attraverso un processo di anamorfosi: una ridistribuzione dello spazio giocando sulla luce, sottraendo o aggiungendo volumi illusori o forme reali, in altri casi scegliendo l’intervento incandescente del colore, come nella serie Embrasures a Latina nel 1987. Installazioni effimere fissate, infine, dall’istante ultimo e unificante dell’immagine fotografica. La fotografia lascia traccia in Rousse come una vera e propria “scrittura della luce” al suo ultimo passaggio.

Luoghi dilatati da intersezioni di nuove forme e strutture possibili. Luoghi per espandere, dare spazio al pensiero, installazioni per dare forma al possibile. Luoghi di investimento utopico giocati sulle intersezioni, le aperture, gli scambi. Luoghi per credere all’utopia, alla non-riproducibilità, alla non-vendibilità di ogni cosa; per pensare ciò che supera i limiti dell’attuale, del dato, dell’assorbito, dell’assunto, dell’immodificabile. Spazi contro la rassegnazione, il già ricevuto, già visto, già consumato.

Quelli di Rousse sono infine atelier nomadi che si spostano da un luogo all’altro del pianeta, che assorbono l’aurea, la cultura e lo spirito di un luogo per intervenire insieme agli elementi autoctoni che lo abitano. Perché, come afferma l’artista, “questi spazi abbandonati sono diventati per me come delle brecce aperte nella nostra società, delle fessure; una torre che sale verso il cielo, un’apertura”.

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dal 9 aprile all’otto giugno 2008
George Rousse – Tour d’un monde
Maison Européenne de la Photographie
5-7 rue de Fourcy – 75004 Parigi
Orario: da mercoledì a domenica ore 11–19.45
Ingresso: intero € 6; ridotto € 3
Info: tel. +33 0144787500; www.mep-fr.org

[exibart]

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