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luoghi non comuni C’est la Rivolution! Parigi, Rivoli Art Squat
around
C’è un palazzo, nel centro di Parigi, che veste di fiori e ospita una trentina di artisti. Veramente liberi dalla gravità del sistema dell’arte istituzionale. Non è solo una comune, è un collettivo, è un’anti-museo. E sino al 2 ottobre hanno preso possesso anche del Palais de Tokio...
Il primo novembre 1999, festa dei morti, Kalex, Gaspard e Bruno (K.G.B.) fondano il collettivo Electrons Libres Chez Robert, istallandosi nell’immobile al numero civico 59 di Rue de Rivoli, disabitato dal 1988, cimitero dei piccioni. Se già questa non è una prassi di provocazione artistica… Da allora i trentaquattro occupanti del palazzo sono stati costantemente minacciati di sfratto. Su una delle vie più chic della città, provate a immaginarvi via Montenapoleone a Milano, sorge ora un palazzo decorato con fiori multicolori in aggetto sull’austera facciata hausmaniana; e dentro, in ogni stanza, su cinque piani, un atelier diverso, dove alberga l’allegro caos di una produzione alacre, del lavoro artigianale, che dalle materie più svariate da vita alle libere espressioni degli occupanti: dalle sculture in ceramica e legno di Yamila, molto simili al primo Brancusi, ai collage di Anita Savary, ai quadri in tessuto di Fiabesko, serial ludik painter, fino alle complesse installazioni di KManu Berguer; e poi sculture in metallo e assemblaggi con oggetti riciclati, e dipinti e video… Una così vivace manifestazione d’intenti, sommata ad un certo impegno politico e sociale, è sconvolgente per chi è abituato da una parte a vedere il macchinoso sistema delle istituzioni espositive, spesso dai risultati non esaltanti, e le difficoltà che può avere una realtà alternativa a concretizzarsi qui in Italia. Nato da una radice squat, illegale quindi, per definizione, l’Electrones Libres ora ospita più di 40mila visitatori l’anno, contendendo la palma ai musei più riconosciuti. Tanto che l’attuale sindaco di Parigi, Bertrand Delande, il 24 giugno 2002, ha deciso di staccare un assegno di quattro milioni e mezzo di Euro per comprare l’immobile dal Credit Lyonnais a cui apparteneva e di regalarlo al giovane collettivo, attribuendogli la legittimità che sembrano essersi guadagnati. L’utilità di questi centri d’aggregazione autonoma sembra essere finalmente essere stata riconosciuta; ma questo non minaccia un irrigidimento nei costumi di questa realtà? Assolutamente no, sembra, dal momento che adesso sembra che il collettivo voglia occupare il Palais De Tokyo. In realtà si tratta di un’occupazione sui generis, dato che quest’illustre istituto ha deciso di dedicare un esposizione proprio agli squat artistici. L’esposizione si tiene sino al 2 ottobre, e coinvolgerà l’intera rete espositiva dei centri sociali, lo stesso Palais e alcuni spazi urbani, nel tentativo di socializzare una fruizione normalmente neghittosa a questo tipo di manifestazioni, elevandole a rango di grande happening patrocinato. Jean Starck, uno dei primi promotori di queste forme di occupazione, riassume l’orientamento papabile di un simile evento: Il Palais de Tokyo recupera gli squat, e gli squat recuperano il Palais de Tokyo: è necessario che questo movimento di tipo ibrido conservi la sua nobiltà, la sua identità sotterranea, che difenda le singolarità, ma che si coordini verso un obiettivo comune. In effetti, fa notare Liberation, quotidiano della sinistra francese, l’iniziativa stride con le continue minacce di espulsione indirizzate agli altri art squat della città. È chiaro allora come l’occupazione prima di essere politica, deve essere culturale; ovvero, il tentativo non è solo quello di forzare un edificio a scopo protestatario, ma anche di forzare una cattiva coscienza, un modus pensandi che non riesce a vedere l’arte e la cultura, anche la sedicente avanguardia, se non all’interno di organismi costituiti, ed è per questo che un certo tipo di cultura ha bisogno di una contro-cultura, che la scuota da un torpore febbrile e retrivo.
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niccolò manzolini
Electrons Libres
Permanente.
Parigi, Chez Robert, 58 rue de Rivoli
Ingresso a sottoscrizione gratuita
Orari: dalle 13.00 alle 19.00 Chiuso domenica
[exibart]