E’ tempo di fiere, mondanità e affari per la New York dell’arte contemporanea. Vero cuore pulsante della scena artistica internazionale, Nyc, in questa seconda settimana di marzo, si trasforma in un crocevia strategico di collezionisti, artisti, curatori, galleristi, critici, giunti da ogni parte del mondo. L’atmosfera è calda, il fermento ai massimi livelli, tra vip, art-addict, curiosi ed esperti del settore, star dell’art system e strateghi dell’art business con le antenne drizzate.
Tre fiere, tutte negli stessi giorni, tra il 10 e il 14 marzo prossimi – ognuna con un’identità e un ruolo specifici – riunite in un unico, efficace circuito di sinergie e collaborazioni.
La parte del leone la fa, come da copione, il celebre Armory Show, nato nel 1999 come erede della Gramercy International Contemporary Art Fair di New York (1994-1998): un nome leggendario, preso in prestito dalla grande esposizione che nel 1913 introdusse l’arte moderna in America.
Esclusivamente arte contemporanea tra gli stand dell’Armory, e la certezza di imbattersi nelle realtà più di tendenza del momento, magari guadagnando anche qualche buona anticipazione su quelli che saranno i nuovi trend per l’immediato futuro.
162 le gallerie presenti, con uno buon tasso di internazionalità. In due parole, il top per ogni paese o città ospite, in fatto di qualità e giro d’affari. Passando in rassegna velocemente: Berlino, ricca di presenze con Arndt & Partner, Klosterfelde, Barbara Thumm, Barbara Weiss, NEU, Christian Nagel, Eigen + Art; poi Londra con Approach, Corvi-Mora, Victoria Miro, Stephen Friedman, Haunch of Venison, Lisson, Alison Jacques, White Cube/Jay Jopling; New York, chiaramente protagonista, con, tra le altre, Tanya Bonakdar, Deitch Projects, Marian Goodman, Peter Blum, Maccarone, Matthew Marks, 303, Spencer Brownstone; da Parigi il gigante Perrotin, ma anche Yvon Lambert, Thaddaeus Ropac, Nathalie Obadia, Almine Rech, Chez Valentin; ottima percentuale di presenze dall’Italia, con l’afficionado Massimo De Carlo (MI) – che non si è perso un’edizione e quest’anno era anche membro della selection committee – poi Franco Noero (TO), Raffaella Cortese (MI), Continua (SI), Francesca Kaufmann (MI), Magazzino d’Arte Moderna (Roma), Monica De Cadernas (MI), Lia Rumma (NA).
Come ogni fiera che si rispetti, accanto alla tradizionale sezione espositiva, è previsto un inteso programma di attività e produzioni ad hoc. Artist talks and performances comprende gli interventi di alcuni artisti invitati a raccontare di sé in varie location sparse per la città; tra questi: Gary Hume, durante l’opening della sua mostra da Matthew Marks; il designer Dante Ferretti, in occasione di un ricevimento in suo onore al Guggenheim Museum; la pittrice irlandese Martina Mullaney, alla mostra inaugurale della Milo Gallery’s, nuovo spazio nel Chelsea; Ann Sophie Staerk al Mandarin Oriental, Hotel ufficiale della fiera. Nei giorni precedenti la fiera si è invece svolto l’importante ARCO Forum, una serie di incontri-studio per approfondire tematiche chiave legate al sistema dell’arte; tra i personaggi invitati: Jérôme Sans, Robert Storr, Hans Ulrich Obrist, Nancy Spector. E poi performance e progetti site specific, un simposio sul mercato dell’arte, eventi speciali in 34 gallerie di Manhattan, e, immancabili, una sfilza di party, uno a sera, a cominciare dall’ Opening Night Preview Party, decisamente esclusivo: tickets tra i 250 e i 1000 $.
Non solo Armory però. Altre due fiere cattureranno l’orda febbricitante di professionisti e appassionati. Scope – con sedi a NY, Londra, Miami, Hamptons, Los Angeles – giunge alla sua quarta edizione newyorkese: è una delle più prestigiose art fair del mondo, nota per la formula ormai inflazionata (anche qui in Italia) degli stand nelle suite d’albergo. Molto americana questa edizione che non annovera grandi presenze straniere tra gli espositori e, facendo da giusto contraltare al più istituzionale Armory Show, punta maggiormente su buone gallerie locali o su nuovi spazi, e sulla promozione di giovani artisti. Tre le italiane: Bonelli Arte Contemporanea (MN) e le due milanesi Cà di Frà e Magrarocca. Anche la Francia non annovera molte presenze – solo Eva Hober, Magda Danysz ed Esther Woerdehoff – e così Berlino, con Sphn e Völcker & Freunde, e Londra, con Vanessa Suchar.
New York, ha il maggior numero di gallerie, seguita da San Francisco. Anche per il 2005 Scope ha assegnato il premio al miglior artista emergente: vincitore l’americano Kyung Jeon, pittore, classe 1975.
Infine, l’evento a latere più underground e sperimentale, DIVA – Digital & Video Art Fair -, è la prima e unica fiera negli USA dedicata esclusivamente all’arte digitale e alla video arte.
Protagoniste sono dunque opere innovative di artisti che lavorano nell’ambito delle nuove tecnologie: una piattaforma espressiva dinamica che include film e video, animazione, performance, installazione. L’evento – dedicato per questa prima edizione all’artista americano Bruce Naumann – è organizzato dai giovani francesi (New York based) di Frère Indipendent, associazione no profit che opera per dare visibilità a importanti artisti attivi fuori dal circuito ufficiale dell’arte. Gli italiani a Diva? Tra le gallerie: Nicola Fornello (TO-PO), Changing Role (NA) e LipanjePuntin (TS), e tra gli artisti: Federico Solmi, Elastic Group Of Artistic Research, Sara Rossi, Nicola Evangelisti, Emanuele Piccardo, Andrea Ronzini, Stefano Tordiglione.
Che dire? Ce n’è abbastanza per una sana indigestione. In attesa di consueti resoconti economici, gossip, bilanci e valutazioni artistiche, si dà il via alle danze, preparandosi a questa nuova, densissima art-immersion.
helga marsala
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