27 agosto 2010

resoconto Dreamlands Paris, Centre Pompidou

 
Il mondo è un parco giochi? È la tesi, semplificando, della grande mostra da poco conclusa al Beaubourg. Ma qualcosa non funziona. Per esempio, l’ordine di causa ed effetto...

di

Se Parigi è la Francia, Coney
Island, tra giugno e settembre, è il mondo
”, recita il catalogo della mostra Dreamlands (la citazione è invero da Rem
Koolhaas
, Delirious
New York
). Il punto
è però che Parigi non è la Francia ma soltanto una parte e, soprattutto, la
Francia non è Parigi.

Forse in questa boutade sta la
chiave di comprensione della mostra: presupporre che la realtà sia riconducibile
a una sua sola parte e sulla base di questa ricostruire l’immagine e
l’immaginario che la connotano. Ed è forse per questo che la mostra, pur
fornendo spunti interessanti, non convince, e soprattutto non tiene nelle sue
parti: non si capisce bene la relazione fra arti visive e visione della città,
non si capiscono vari passaggi (per esempio quello tra l’analisi del finto di Diane
Arbus
e
l’archeologia urbana di Stéphane Couturier), non si capisce in che termini quella di Pierre
Huygue
è una
critica di certa utopia urbana.

Dreamlands propone al pubblico una relazione
tra i parchi d’attrazione, le esposizioni internazionali, una componente
visionaria che esiste nella tradizione architettonica e urbanistica. Vi sono
poi esempi di come l’arte si intreccia a queste dimensioni (per esempio le
avanguardie e per esempio il surrealismo e per esempio Salvador Dalí). Si tratta di una modalità espositiva
abituale al Centre Pompidou di Parigi, che spesso produce risultati interessanti.

Kader Attia - Untitled (Skyline) - 2007 - courtesy Baltic Centre for Contemporary Art, Gateshead & Galerie Anne de Villepoix, Paris - photo Colin Davison
Ma il modo in cui Dreamlands mostra la presunta connessione
tra parchi di divertimento, esposizioni universali e visione dello sviluppo
urbano sembra veloce quanto sdrucciolevole. Così come ricondurre questi
passaggi solo all’esistenza di una società dello spettacolo e del tempo libero,
che avrebbe ormai imbevuto la cultura. Del resto, per tornare alla relazione
tra Parigi e la Francia, non è così chiaro che la nostra sia a tal punto
pienamente una società del tempo libero, anche tra le persone che svolgono
attività culturali.

La mostra poi propone passaggi
interessanti nella relazione tra arte e società nel Novecento e può essere
stimolante seguire come si sia arrivati a manifestazioni socio-artistiche come
le immagini di Martin Parr o gli interventi di Maurizio Cattelan.

Possiamo però da ciò passare a
dire che questi passaggi sono ciò che oggi succede alla visione del mondo e
dell’abitare? Che la città vive una metamorfosi ludica che è anche quella della
cultura? Che la realtà urbana è ormai una riproduzione di quella delle fiere e
dei parchi giochi? È più plausibile l’inverso: i parchi giochi e le aree
ludiche tendono a riprendere la storia del mondo e della città, per ridurlo a
icona e venderlo.

Florian Joye - Bawadi, Desert gate - 2006 - fotografia - cm 81x62 - coll. dell’artista, Paris
E perché la mostra inverte questo
passaggio nodale? Perché esiste una tendenza nella fenomenologia delle arti e
del lavoro intellettuale che promuove la riduzione della realtà a pochi suoi
elementi, facilmente controllabili e vendibili. Ma questa tendenza non soltanto
non esaurisce la realtà, ma nemmeno la fenomenologia del lavoro intellettuale.
Come dire: la Torre di Pisa esiste da secoli e, seppur venduta a turisti in
riproduzioni worldwide, non coincide con le sue riproduzioni. Né la Tour Eiffel
resta se stessa una volta riprodotta in un deserto o altrove (né una Ferrari
riprodotta, con o senza motore, è ancora una Ferrari).

Si tratta di una tendenza che
valorizza gli aspetti più commerciali della realtà urbana e li definisce
popolari, compiendo un’ulteriore operazione ambigua: è vero che il popolo
frequenta i mall,
ma ciò non significa che li abbia chiesti; in genere li ha subiti da persone
tutt’altro che popolari, anche se a loro volta frequentatrici di mall.

vito calabretta

mostra visitata il 2 agosto 2010


dal 5 maggio al 9
agosto 2010

Dreamlands

a cura di Didier
Ottinger e Quentin Bajac

Centre Georges Pompidou

Place
George Pompidou – 75004 Paris

Orario:
da mercoledì a lunedì ore 11-21; giovedì ore 11-23

Ingresso:
intero € 12; ridotto € 9

Catalogo
disponibile

Info:
tel. +33 0144781233;
www.centrepompidou.fr

[exibart]

1 commento

  1. Ma cosa c’entra l’ordine di causa effetto? Non ci sono mica verità “fisiche” in ballo. Che le città stiano diventando parchi giochi poi é proprio vero (poi é ovvio che ci si abita).

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