31 gennaio 2005

Sweet-Swiss democracy

 
di helga marsala

Democrazie alla deriva. Sistemi di governo che fanno acqua da tutte le parti. I moderni stati occidentali sono presi di mira da un artista lucido e irriverente. Ed è la disciplinata Svizzera a diventare l’exemplum di questa controversa condizione. Una mostra a Parigi fa scoppiare il caso. Tra dibattiti parlamentari e misure disciplinari contro un’arte ritenuta troppo scomoda…

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Succede, a volte, che l’arte si sporchi le mani con i fatti della politica o della morale comune, che si contamini con la trama dura e prosaica dell’esistenza. Ed è inevitabile, in questi casi, che si sollevi il polverone o che addirittura esploda lo scandalo. Soprattutto se a lanciare la provocazione è un artista intelligente, spregiudicato e colto come Thomas Hirschhorn (1957).
Svizzero di origine, ma residente in Francia, Hirschhorn è noto per le sue complesse installazioni in cui si intrecciano suggestioni filosofiche, risvolti sociali e contestazione politica.
I suoi ambienti ipertestuali e caotici mescolano oggetti, citazioni, materiali di recupero, testi, angoli per lo shop e la ristorazione, opere d’arte, monumenti in memoria, occasioni di dibattito e workshop: sono zone di transito o di sosta, luoghi di scambio e riflessione, spazi comunitari d’eccellenza in cui esperire, attraverso l’arte, la complessità di un pensiero indisciplinato.
Il suo ultimo exploit polemico prende di mira, senza dissimulazioni o eufemismi, lo stato della democrazia in Occidente e in particolare la situazione politica della Svizzera.
A ospitare la mostra è il Centro di Cultura Svizzero di Parigi, Pro Helvetia. Swiss-Swiss Democracy è uno spazio pubblico attivo, crocevia di spettatori, uditori, curiosi, passanti, una postazione per l’ascolto e l’inseguimento di tracce: imbattendosi in indizi eterogenei, è come essere al centro di una piattaforma di forze dinamiche, esposti a un brain storming selvaggio e ludico. Frasi che si interrogano sulla democrazia campeggiano sulle pareti, come sui muri di strade consuete, e poi spazi per la discussione, manifesti, simboli, collage di immagini, ritagli di giornali, stralci di testi, fotografie… tutto materiale provocatorio, con un forte taglio di denuncia.

Exposition Swiss Swiss Democracy, Thomas Hirschhorn, photo Marc Domage - 02 copy
Hirschornn mette in scena questo laboratorio per la critica alle democrazie contemporanee insieme a Marcus Steinweg, che propone ogni giorno al pubblico delle lectures a tema, e alla compagnia di Gwenaël Morin, impegnata, quotidianamente, nella rappresentazione del Guglielmo Tell.
Un attacco diretto e pungente ai falsi sistemi democratici, dietro cui si mascherano atti di violenza, repressione e autoaffermazione di un potere unilaterale. La realtà brutale della guerra è l’aggancio problematico all’attualità, come testimonia la feroce immagine-simbolo scelta per il manifesto: una scena di tortura nel carcere iracheno di Abu Ghraib, su cui campeggia la scritta “I Love democracy”.
Dice Hirschhorn: “ Io voglio de-idealizzare la Democrazia e de-stabilizzare la buona coscienza democratica. Io mi rivolto contro l’assurdità della Democrazia gestita oggi in Svizzera, il mio paese, e mi rivolto contro l’elezione del consigliere federale Cristoph Blocher”.
Da quando, nel 2003, Christoph Blocher, esponente della destra liberale, è stato eletto in Consiglio Federale, Thomas Hirschhorn ha dichiarato che non avrebbe più accettato di esporre nel suo paese. Un atto di dissenso più che esplicito verso l’assetto governativo della confederazione. Ed è proprio in una scena del Guglielmo Tell che si assiste a una dissacrante azione, la pietra dello scandalo: un attore mima un cane che urina su un ritratto fotografico di Blocher. Offesa plateale a cui il consigliere e il suo partito non rimangono indifferenti. La mostra di Hirschhorn viene bollata come sconveniente e oltraggiosa, un attacco diretto a un rappresentante del governo. La reazione del parlamento? Un proposta altrettanto provocatoria: ridurre di un milione di franchi, per il 2005, i fondi destinati a Pro Helvetia, che anziché promuovere, come dovrebbe, la cultura elvetica in Francia, finanziando simili operazioni non fa chethomas hischhorn diffamarne l’immagine a spese del contribuente svizzero. Insomma l’Istituzione sputa nel piatto dove mangia. Ma il direttore di Pro Hevetia, Pius Knüsel, a questa accusa non ci sta e dichiara: “Prendiamo sul serio la libertà di espressione sancita dalla costituzione. Deve esserci spazio anche per l’arte che ci pungola.”
In un istante è putiferio mediatico: censura? Prevaricazione? Abuso di potere contro la cultura dissidente e la controinformazione? “Questa esposizione non è incentrata su Christoph Blocher, ma sulla democrazia” si difende l’artista. “Che in una dittatura si pratichi la tortura è cosa nota. Ma se anche la democrazia fa altrettanto, allora vuol dire che qualcosa non funziona. E io voglio potermi interrogare su questo problema”.


Dopo un balletto parlamentare estenuante tra il Consiglio degli Stati – favorevole alla misura disciplinare – e il Consiglio Nazionale – contrario-, e dopo il rifiuto dellathomas hischhorn soluzione di compromesso formulata dalla conferenza di conciliazione (solo 180.000 franchi in meno, corrispondenti ai sussidi investiti per la mostra), il Parlamento elvetico conferma la riduzione drastica di un milione di franchi. Insorgono intellettuali e artisti ticinesi, che con una lettera aperta prendono posizione contro il pericolo di una deriva repressiva della democrazia. Mentre Pro Helvetia dichiara ufficialmente che il taglio comporterà una necessaria riduzione dell’organico.
Resta forse ambigua questa modalità – opportunista? Incoerente? – di contestare dall’interno, sfruttando le risorse economiche di uno stato di cui poi si deprecano Istituzioni e regole. Ma resta anche, salda, la possibilità sacrosanta di concepire un’arte che sappia provocare e ribaltare, giocando a innescare cortocircuiti. E che per esistere non può – e non deve – tirarsi fuori dal sistema economico e sociale che la consacra.
Abile è stato Hirschhorn a pilotare la sua macchina polemica: il consigliere Blocher ha abboccato in pieno e la Democrazia, cercando di salvarsi la faccia, ha mostrato le inevitabili contraddizioni e un certo prevedibile imbarazzo. Obiettivo centrato o troppo rumore per nulla?

bio. Thomas Hirschhorn è nato Berna (CH) nel 1957. Vive Parigi dal 1984.
Artista di fama internazionale, ha esposto presso importanti musei e gallerie, in diverse città del mondo.
Tra le gallerie private: Arndt & Partner (Berlino), Barbara Gladstone (New York), Chantal Crousel (Parigi), The Chisenhale e Stephen Friedman (Londra), Susanna Kulli (Zurigo), Alfonso Artiaco (Napoli).
Tra i musei pubblici: Moca di Chicago, Schirn Kunsthalle di Francforte, MACBA di Barcellona, Kunsthaus di Zurigo, Centre Pompidou di Parigi, Palais de Tokyo di Parigi, Tate Modern di Londra.
Ha partecipato alla 48° e alla 50° Biennale di Venezia e a Documenta 11 (Kassel).
Una sua opera, Skulptur Sortier Station, realizzata per lo Skulptur Projekt di Münster nel 1997, è stata acquisita nel 1999 dal Centre Gorge Pompidou di Parigi. E’ presente inoltre presso le collezioni dello S.M.A.K. di Gent, del CAC di lalaga, del MOCA Grand Avenue di Los Angeles
Noti i suoi monumenti in memoria, dedicati ad alcuni filosofi contemporanei: Spinoza (Amsterdam, 1999), Bataille (Documenta 11), Deleuze (Avignone, 2000). Grande eco ha avuto il suo recente intervento “24 h Foucault” (novembre 2004), dedicato al filosofo francese Michèl Foucault, presso il Palais de Tokyo di Parigi.
Nel 2000 riceve il premio Marcel Duchamp.



Thomas Hirschhorn
Swiss-Swiss Democracy
fino al 1.I.2005
Parigi, Cenre Culturel Suisse
32 e 38, rue de Francs-Bourgeois
orari : dal martedì alla domenica, h. 11.00/21.00
Tel +33 1 42 71 44 50
http://ccsparis.com/



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