Simon Moretti ha recentemente curato una mostra presso la Percy Miller Gallery, intitolata The Green Room. La mostra rappresenta un interessante corollario dell’attività di Simon, come scopriremo tra poco nel corso dell’intervista. Performance, disegno, fotografia ed installazione sono tra i media più ricorrenti nella produzione di questo artista italo-inglese, attento alla tensione tra bi-dimensionalità rappresentativa ed illusione tridimensionale, nonché ai temi della collaborazione e della proprietà d’autore.
Simon Moretti ha precedentemente prodotto una installazione per la Turbine Hall della Tate Modern, intitolata A Space for Conversation, è stato ospite di Platform con una personale intitolata Collection Particuliere (Settembre-Ottobre 2001), ed ha partecipato alla collettiva Fair Play curata da Jananne Al-Ani e Frances Kearney per la Danielle Arnaud Gallery (Settembre 2001).
Simon, cosa rappresenta Londra nella tua esperienza e per la tua ricerca di artista?
All’interno della mia esperienza, Londra rappresenta sicuramente un polo di idee e possibilità. Londra offre una serie di spazi espositivi particolarmente interessanti, vivi e pieni di opportunità per artisti giovani: da Platform a Vilma Gold, dalla Percy Miller Gallery a Nylon. Per me è stato molto utile attivarmi, iniziare a lavorare ed esporre a Londra. È stato qui che curatori indipendenti, mercanti d’arte coraggiosi e qualche spazio pubblico mi hanno incoraggiato e dato sostegno, sia logistico che concettuale.
All’interno delle tue opere, si osserva il tentativo insistito e coerente di rielaborare le superfici, conducendole verso la ricomposizione di volumi. Ci vuoi parlare del rapporto tra superfici e volumi nel tuo lavoro?
Lo spazio che mi interessa e che esploro nel mio lavoro è uno spazio ambiguo, forse sospeso ed in ogni caso presente nella discontinuità tra due dimensioni, tra superfici e volumi, tra oggetti ed immagini. Questo dialogo, soprattutto quando si sviluppa nel passaggio tra bi- e tri-dimensionalità (dentro e fuori le cornici), è uno degli elementi ricorrenti nella mia ricerca di artista.
Che relazione esiste tra la tua attività di artista e quella di curatore?
Sono sempre stato impegnato in entrambe le attività: esporre i miei lavori e quelli di altri artisti, organizzando e curando mostre. In passato, tuttavia, le due cose erano ben separate. Solo recentemente mi sono reso conto di quanto questi due impegni siano di fatto strettamente collegati, in particolare da quando ho iniziato a lavorare in collaborazione con altri artisti, avviando un aperto dialogo e riadottando il loro lavoro (talvolta in termini di consensuale riappropriazione) nell’installazione di mostre di gruppo che vede coinvolte opere sia mie che di altri. Queste due attività stanno ora crescendo e sviluppandosi non solo parallelamente, ma anche in reciproca contaminazione.
Che ne pensi dell’attuale condizione delle arti visive in Italia? Quali differenze intravedi tra Italia e UK, soprattutto per quanto riguarda il contemporaneo?Purtroppo non credo di essere abbastanza al corrente di quella che è la situazione delle arti visive in Italia. Da quello che posso osservare, la mia impressione è che al momento si stanno sviluppando iniziative molto interessanti, in particolare a Milano, Torino ed in Toscana, sia dal punto di vista degli spazi espositivi disponibili sia per quanto riguarda l’attività specifica degli artisti.
Trovo che ci siano delle forti differenze tra la scena inglese e quella italiana, non tanto tuttavia in termini di mercato. Si tratta piuttosto di una sensibilità diversa nel linguaggio artistico. Io credo di essere un po’ un ibrido, esistente nel bel mezzo di queste due sensibilità: credo di averle ereditate entrambe.
Progetti futuri?
Al momento The Green Room, curata inizialmente per la Percy Miller Gallery, sembra aver attirato l’attenzione di altre gallerie interessate a far viaggiare la mostra. Sto inoltre progettando un’altra mostra di gruppo in collaborazione con un’altra galleria e prossimamente lavorerò ad una nuova versione del mio lavoro A Space for Conversation, realizzato precedentemente per la Tate Modern. Credo che reinventerò questo lavoro per la collettiva Fair Play, già presentata alla Danielle Arnaud Gallery e che in luglio riaprirà alla Angel Row Gallery di Nottingham.
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