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“Viaggiamo catalogando, cataloghiamo viaggiando attraverso il cinema che andiamo a ri-filmare” Ovvero la coppia Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. Con 50 film, 16 istallazioni tra video, scritti, acquerelli e fotografie è andata in scena al Pompidou di Parigi una retrospettiva integrale del duo di artisti italiani, vincitori fra l’altro del Leone d’oro all’ultima Biennale di Venezia. Presenti e applauditi in istituzioni e in festival internazionali, quando si parla di loro (lui di origine armena, lei romagnola), si parla di cinema sperimentale ma soprattutto di “etica della visione” (ndr). In che senso?
La loro avventura inizia quarant’anni fa, e da allora hanno intrapreso una riflessione senza eguali sul linguaggio cinematografico lavorando sulla sua più piccola unità di misura, il fotogramma. Rielaborando vecchi film di repertorio, e non di finzione, perlopiù recuperati da archivi familiari o istituzionali, la coppia ha maturato nel tempo un approccio a dir poco singolare con il film d’archivio. Attraverso la cosiddetta “camera analitica”, ogni singolo fotogramma viene colorato, ri-fotografato, rimontato, diventando fonte dei loro film.
Altro elemento è il rallentamento della velocità di scorrimento della pellicola, ciò che rivela, in maniera del tutto inaspettata, dettagli altrimenti impercettibili, come uno sguardo o un gesto, stimolando in tal modo riflessioni e letture a più livelli. Ogni immagine acquista così tutto lo spessore e l’espressività di un verso poetico.
Artisti dell’immagine, mostrano la violenza dell’uomo sull’uomo, ma anche sull’ambiente, sugli animali. Tra i temi ricorrenti la storia italiana tra colonialismo, fascismo, ma anche imperialismo e guerra, partendo quindi da immagini di propaganda il duo Ricci Lucchi e Gianikian ne devia il messaggio d’origine per mettere a nudo zone d’ombra della storia. Attraverso l’analisi di materiale storico instaurano una continuità tra passato, presente e futuro, riaffermando di volta in volta come la memoria sia un elemento imprescindibile del nostro presente. Vedi, una delle opere più note, Dal Polo all’Equatore (1986), realizzato con materiale proveniente dall’archivio del documentarista Luca Comerio del 1929, da documentario fascista si trasforma, tra l’altro, in una critica sui modi di rappresentazione del potere. Ma anche il film Ghiro ghiro tondo, un film che copre il periodo che va dalla fine della prima guerra mondiale fino agli anni Cinquanta, mostra come dieci mila giocattoli per bambini di materiali diversi come legno, stoffa e cera, tra infanzia e violenza. Ritorno a Khodorciur – Diario armeno (1986) sul massacro degli armeni nel 1915. Bellissimo il lavoro Kokoschka, la fiancée du vent (2014-2015), un rotolo con acquerelli lungo dieci metri e un film. Qui i cineasti rendono omaggio a Oskar Kokoschka, ispirandosi alle lettere che il maestro scrisse, tra il 1918 e 1919, a Hermine Moos, costumista al teatro di Monaco di Baviera, alla quale aveva ordinato una bambola a grandezza naturale, all’effigie d’Alma Malher, la donna amata. La retrospettiva, che ha avuto luogo in uno spazio aperto in cui sono presenti le diverse installazioni e film, ha proposto inoltre una folta programmazione di film. Infine, tra i diversi lavori, è stato presentato un inedito, Où êtes-vous, Yervant Gianikian & Angla Ricci Lucchi? (2015). Quest’ultimo lavoro parte da una collezione voluta dal Centre Pompidou, che chiede ad ogni cineasta invitato di rispondere liberamente alla domanda appunto Où êtes vous?. La risposta è nel film.
Livia de Leoni
Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi – Retrospettiva
Centre Pompidou, Parigi
Info: www.centrepompidou.fr