Per Firenze, il 2022 è iniziato sotto i migliori auspici: 78 preziose e suggestive icone russe saranno visitabili negli spazi, appositamente allestiti e per la prima volta aperti al percorso di visita, di Palazzo Pitti. Ritorna visitabile, dopo il restauro, anche la Cappella Palatina, con gli affreschi ottocenteschi di Luigi Ademollo.
«Con l’inaugurazione del Museo delle Icone russe, che coincide con l’accessibilità quotidiana e permanente della Cappella Palatina, ora ritornata al suo splendore grazie a una sapiente illuminazione, si compie un grande passo avanti verso l’apertura al pubblico di tutte le sale affrescate del piano terra di Palazzo Pitti: ambienti meravigliosi, in passato abitati dai granduchi, purtroppo ancora oggi utilizzate in gran parte come uffici e ambienti di servizio», ha dichiarato il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt.
«La raccolta di icone fiorentina si distingue dalle altre per il fatto di esser composta prevalentemente da esemplari di piccole e medie dimensioni, destinate alla devozione privata delle famiglie e ad essere portate in viaggio. La vicinanza delle icone russe alla Cappella Palatina diventa metafora di un ponte confessionale tra Ortodossi e Cattolici che richiama le comuni radici spirituali e i frequenti scambi culturali tra Italia e Russia avvenuti nei secoli e tuttora perduranti».
Collezionate dai Medici e poi dai Lorena nel corso del ‘700, è la raccolta più antica di opere di questo genere al di fuori della Russia e, in un certo senso, si tratta di un ritorno. Infatti, per pochi anni, alla fine del ‘700, l’intera raccolta fu esposta nella Galleria degli Uffizi come testimonianza della pittura bizantina, nell’ambito della riscoperta delle antichità cristiane. Nel 1796 molti esemplari furono tuttavia rimossi dal percorso espositivo e in gran parte relegati nella villa medicea di Castello, dove sono rimasti fino all’inizio del XX secolo. In anni più recenti, vari tentativi sono stati fatti di reinserire la raccolta nei percorsi museali cittadini, prima a palazzo Pitti, poi alla Galleria dell’Accademia, ma non erano mai andati a buon fine, fino a ora.
Le opere sono state allestite in quattro grandi sale con affreschi seicenteschi, affacciate sul cortile al piano terra di Palazzo Pitti: appena restaurati, questi spazi entrano ora a far parte del normale percorso di visita della reggia. Progettato da Mauro Linari insieme a Paola Scortichini e Pietro Petullà, con l’illuminotecnica a cura dello stesso Linari e di Claudia Gerola e con la curatela storico-artistica di Daniela Parenti, l’allestimento del museo è improntato alla leggerezza e alla trasparenza e privilegia la facilità di lettura delle icone, dotate di didascalie descrittive in italiano, inglese e cirillico, lasciando intatta la vista degli affreschi.
Ma l’esposizione continua anche negli spazi del web: nella sezione dedicata alla mostre virtuali del sito degli Uffizi, è visitabile la mostra virtuale a cura di Daniela Parenti, curatrice della pittura Medievale e del Quattrocento, e delle Icone russe degli Uffizi, “La Luce del Sacro: Icone russe a Palazzo Pitti”, interamente dedicata ai tesori di questo nuovo museo. In occasione dell’apertura del Museo delle Icone russe, viene anche pubblicato il primo video in lingua russa. Si tratta di un’introduzione alla storica raccolta di Palazzo Pitti da parte di Zelfira Tregulova, direttrice della Galleria Tret’yakovskaja di Mosca, il museo con la più grande e importante collezione di icone russe al mondo.
«Le icone russe rappresentano un patrimonio fondamentale della cultura russa, racchiudono in loro l’esperienza spirituale del Popolo russo e della Chiesa Ortodossa», ha spiegato l’ambasciatore della Federazione Russia in Italia, Sergey Razov. «Grazie al collezionismo dei Granduchi di Firenze, oggi per i suoi abitanti, nonché per gli ospiti della città da tutto il mondo, si presenta un’occasione unica per entrare in contatto con i brillanti esempi dell’arte iconografica russa e per ottenere le chiavi di lettura delle radici spirituali ed etiche di tutta la cultura russa. Sono convinto che questa esposizione permanente diventerà un evento di grande valore per il nostro intenso dialogo nel campo della cultura e incentiverà tutti gli estimatori dell’arte russa a recarsi nel nostro Paese e a visitare chiese, templi e monasteri ortodossi dove vengono custoditi i magnifici esempi dell’arte figurativa ortodossa. Auguro alla Galleria degli Uffizi nuovi interessanti progetti e prosperità, invece ai suoi ospiti meravigliose scoperte nel mondo dell’iconografia russa».
Tra le opere più pregiate della collezione, sono da segnalare i due pannelli che compongono il Menologio, il calendario delle festività religiose ortodosse divise per semestri: ogni pannello si compone di venti file orizzontali con scene sacre e figure di santi, ciascuna identificata da un’iscrizione.
L’icona con Santa Caterina d’Alessandria è databile al 1693-1694 grazie al punzone nella oklad di argento dorato (il rivestimento metallico che copre alcune parti delle icone). La principessa martire è raffigurata con attributi molto simili a quelli rappresentati nell’arte occidentale: la palma e la ruota del martirio, i libri e la sfera armillare che alludono alla sua vasta conoscenza. L’opera è attribuita all’atelier del Palazzo dell’Armeria, la bottega che lavorava alla corte dello zar nel palazzo del Cremlino a Mosca, ed è affine allo stile di Kiril Ulanov, uno dei più noti maestri fra XVII e XVIII secolo.
Solo di un esemplare della collezione fiorentina si conosce l’autore, Vasilij Grjaznov, che firma l’icona della Madre di Dio di Tichvin, datata 16 luglio 1728. Si tratta di una replica dell’immagine miracolosa che secondo la tradizione apparve nel 1383 a Tichvin, nel territorio di Novgorod. Nel dipinto, la data è iscritta secondo il sistema occidentale, introdotto in Russia dallo zar Pietro il Grande (1672-1725) insieme ai numeri arabi e al calendario giuliano, in sostituzione di quello bizantino fino ad allora in uso.
Gli esemplari più antichi della collezione sono l’icona raffigurante la Madre di Dio, del tipo detto “In te si rallegra ogni creatura”, e quella con la Decollazione del Battista. Il loro arrivo a Firenze è legato al collezionismo dei Medici. Le due icone facevano infatti parte degli oggetti liturgici conservati nella cappella delle Reliquie a Palazzo Pitti già nel 1639, al tempo del regno di Ferdinando II de’ Medici e della sua consorte Vittoria della Rovere.
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