Dal 19 marzo al 3 agosto 2025, il Musée Jacquemart-André di Parigi celebra la straordinaria Artemisia Gentileschi (1593 – circa 1656), figura centrale del Barocco e una delle poche donne della sua epoca a ottenere fama internazionale e autonomia economica attraverso l’arte. Con una selezione di circa 40 opere, l’esposizione, curata da Patrizia Cavazzini, Maria Cristina Terzaghi e Pierre Curie, vuole restituire l’immagine di una pittrice talentuosa, esplorandone la carriera e il linguaggio visivo ma anche la sua capacità di resilienza.
Nata a Roma e formatasi nella bottega del padre Orazio Gentileschi, Artemisia mostrò fin da giovane un talento unico, influenzato dalla potente teatralità del caravaggismo. La sua carriera, costellata di successi, la portò a lavorare per le corti d’Europa, tra cui quella di Carlo I d’Inghilterra. Tuttavia, dietro la brillantezza della sua arte si cela una vicenda personale di dolore, diventata oggi ben conosciuta: nel 1611 subì una violenza da parte del pittore Agostino Tassi e il processo da lei coraggiosamente sostenuto arrivò a segnare profondamente la sua vita e la sua opera.
L’esposizione al Jacquemart-André affronta il legame tra la vita di Artemisia e la sua arte senza ridurre quest’ultima a un riflesso delle sue esperienze. Opere come Susanna e i vecchioni, dallo Schloss Weissenstein, o il Ratto di Lucrezia, dal Potsdam, testimoniano il suo interesse per figure femminili eroiche, che incarnano forza e autodeterminazione.
Tale equilibrio non è stato sempre raggiunto in precedenti mostre a lei dedicate. Per esempio, la mostra Artemisia Gentileschi. Coraggio e Passione tenutasi a Palazzo Ducale di Genova nel 2023 ha suscitato accese critiche per la rappresentazione della violenza subita dall’artista, spettacolarizzando il trauma personale a scapito del suo talento pittorico. In particolare, un’installazione immersiva che metteva in scena lo stupro sollevò accuse di “pornografia del dolore”. Questo episodio evidenzia la necessità di un approccio curatorialmente equilibrato, che valorizzi Artemisia come artista completa e complessa, evitando di ridurre la sua figura a un simbolo del trauma.
Il percorso espositivo mette in luce l’abilità di Artemisia nel ritrarre la psicologia dei suoi personaggi e la sua capacità di trasformare temi biblici e letterari in storie universali. Tra i punti salienti, Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne degli Uffizi, un’opera di straordinaria intensità emotiva che esemplifica il simbolico scontro tra Eros e Thanatos, tema centrale della cultura barocca.
Accanto ai capolavori riconosciuti, la mostra presenta anche opere di recente attribuzione e pezzi raramente esposti, come i pannelli dipinti per il soffitto della Casa Buonarroti a Firenze e il monumentale Ester davanti ad Assuero dal Metropolitan Museum of Art di New York. La varietà dei lavori esposti evidenzia l’evoluzione tecnica e stilistica di Artemisia, nonché la sua capacità di reinventarsi.
Artemisia stessa giocava con la propria immagine e con i suoi autoritratti, come il celebre Autoritratto come suonatrice di liuto del Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford, che le fecero guadagnare la fiducia del Granduca Cosimo II de’ Medici, che presto le commissionò opere monumentali oggi perdute. Il suo talento di ritrattista, elogiato dai suoi contemporanei, è un elemento centrale della mostra, che presenta una serie di ritratti, alcuni dei quali sono stati recentemente scoperti.
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