Sembra proprio che il 2020 sarà l’anno di Artemisia Gentileschi: a Londra è stata svelata una nuova opera, Davide con la testa di Golia, attribuita all’artista più conosciuta del Barocco. In effetti, già da un po’ di tempo sembra che il mondo dell’arte abbia riscoperto Artemisia, una figura storica che, per la sua biografia tormentata e per la sua fenomenale vena estetica, si presta benissimo a certi processi di attualizzazione. Una riscoperta che agisce su più livelli, sia nel mainstream che nel settore specialistico, dal mercato – che a dire il vero è però abbastanza altalenante, da centomila euro a due milioni di sterline – alle mostre.
La nuova attribuzione è stata segnalata a poche settimane dall’apertura della grande mostra che la National Gallery dedicherà ad Artemisia. Un’esposizione che sta suscitando curiosità e aspettativa, anche perché, sempre nel 2018, il museo di Londra arrivò a sborsare 3,6 milioni di sterline, per aggiungere il famoso Autoritratto come Santa Caterina d’Alessandria nella sua collezione. Ma bisogna dire che da quelle parti ci tengono a mantenere buoni rapporti con tutta la famiglia Gentileschi. A dicembre 2019, sempre la National Gallery ha acquisito anche il Ritrovamento di Mosè, dipinto di Orazio, padre di Artemisia, salvandolo dall’esportazione grazie a 22 milioni di sterline. Come mai questo affetto? Magari anche per motivi di sentimentalismo nazionale, visto che Orazio e Artemisia vissero per diversi anni a Londra.
La nuova opera attribuita ad Artemisia raffigura Davide e Golia, un soggetto biblico molto diffuso in quel periodo, con il quale tutti gli artisti dell’epoca prima o poi dovevano misurarsi e che anche Artemisia raccontò in diverse versioni. Quando l’opera fu venduta da Sotheby’s nel 1975, fu attribuita a Giovanni Francesco Guerrieri, un allievo molto apprezzato di Orazio. Tuttavia, quando il dipinto è riemerso, nel 2018, in un’asta della Hampel Fine Art a Monaco, Artemisia era ormai già entrata nel canone della storia dell’arte. Il Davide e Golia attirò subito l’attenzione di diversi studiosi e storici dell’arte e, alla fine, è stata attribuita ad Artemisia. Attualmente è di proprietà di un collezionista con sede nel Regno Unito, che ha ingaggiato Simon Gillespie per restaurare il dipinto. L’opera dovrebbe essere stata realizatoaalla fine del 1630, quando Artemisia si trovava a Londra, per aiutare il padre, ormai anziano, a completare la decorazione della Queen’s House di Greenwich.
Gillespie e Gianni Papi, uno dei massimi studiosi di Caravaggio e dell’ambiente caravaggesco a Roma e a Napoli, propugnano la nuova attribuzione del Davide e Golia ad Artemisia, in un articolo pubblicato sul Burlington Magazine. Già nel 1996, Papi pensava che il dipinto potesse essere attribuito alla mano di Orazio, per le atmosfere e per la figura sinuosa di David. Ma adesso, dopo aver studiato l’opera durante i restauri, Papi è convinto dell’attribuzione ad Artemisia. La pulizia ha infatti rivelato una tavolozza di colori coerente con quella usata dall’artista, per esempio nel cielo e nel mantello di David.
Oltre agli indizi stilistici, c’è anche la bibliografia. Papi ha ritrovato tracce di questa opera in un testo di Horace Walpole, scrittore del XVIII secolo: «Il re Carlo I d’Inghilterra aveva diverse opere di Artemisia Gentileschi, la migliore era David con la testa di Golia».
E poi, Gillespie ha scoperto anche una firma, lungo la lama della spada di David, in cui si legge il nome di Artemisia. «È un pezzo geniale. Questa è stata la prima volta che ho lavorato su un suo dipinto e mi ha aperto gli occhi sulla sua personalità. Ha uno straordinario senso della narrazione», ha commentato Gillespie.
L’opera non sarà comunque inclusa nella mostra della National Gallery, che comprenderà 30 opere, tra le quali diversi capolavori conservati in Italia, come Giuditta e Oloferne degli Uffizi di Firenze e la Madonna col Bambino della Galleria Spada di Roma. In esposizione anche alcune lettere recentemente scoperte, in cui Artemisia rivela la sua passione per l’aristocratico fiorentino Francesco Maria Maringhi.
La mostra darà sicuramente impulso a molti nuovi studi su Artemisia. Circa 65 opere in tutto il mondo sono attualmente accettate come autografe e altre 120 sono di attribuzione incerta. Pochi giorni fa, il Nationalmuseum di Stoccolma ha annunicato l’acquisto di una sua opera, una Santa Caterina d’Alessandria.
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