Due capolavori dell’arte antica tornano a catturare lo sguardo del pubblico nelle città simbolo del Rinascimento e del Barocco: Firenze e Roma. Da un lato, la Madonna del Baldacchino di Raffaello, rientrata trionfalmente nella Sala di Saturno a Palazzo Pitti dopo un accurato ciclo di analisi e restauri, si ricongiunge al corpus di opere che celebra l’arte armoniosa e innovativa del maestro urbinate. Dall’altro, il Ritratto di monsignor Maffeo Barberini, attribuito a Caravaggio e per la prima volta visibile al pubblico, illumina Palazzo Barberini, offrendo uno squarcio prezioso sulla ritrattistica caravaggesca, rara e rivoluzionaria. Due storie diverse ma unite dalla riscoperta e dalla valorizzazione di tesori che attraversano secoli.
Dopo un lungo periodo di assenza, la maestosa Madonna del Baldacchino di Raffaello è tornata a splendere nella sua collocazione storica: la Sala di Saturno della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze. Questo capolavoro, unico esempio noto di grande pala d’altare del periodo fiorentino dell’Urbinate, è un emblema della genialità rinascimentale, segnata dalla perfetta armonia delle figure e dall’equilibrio compositivo.
Commissionata intorno al 1506 dalla famiglia Dei per la chiesa di Santo Spirito a Firenze, la pala rimase incompiuta quando Raffaello fu chiamato a Roma da Papa Giulio II. Rimasta nella bottega del Maestro, l’opera trovò nuova dimora nella cappella Turini del Duomo di Pescia, per volere del potente segretario apostolico Baldassarre Turini. Solo nel 1697, grazie all’intervento del Gran Principe Ferdinando de’ Medici, giunse finalmente a Firenze, non senza polemiche e disordini nella città d’origine.
La Pala si trova nella Galleria Palatina fin dal 1828, anno di apertura al pubblico della Palatina stessa. L’imponente tavola è stata “in trasferta” a Pescia. nell’ambito dell’iniziativa degli Uffizi diffusi, dal 7 maggio all’1 ottobre 2023, nella cappella Turini del Duomo, dove era stata accolta per quasi 150 anni prima di rientrare definitivamente a Firenze.
Questo ritorno segna un evento significativo non solo per il suo valore artistico ma anche per le scoperte che l’hanno accompagnato. Le recenti analisi diagnostiche dell’Opificio delle Pietre Dure hanno confermato quanto già notato da Giorgio Vasari: l’opera è incompiuta in alcune sezioni ma ogni pennellata rivela la maestria di Raffaello nel sintetizzare influenze fiorentine come Fra Bartolomeo, Leonardo e Michelangelo.
Oggi, la Madonna del Baldacchino si riunisce agli altri capolavori di Raffaello esposti nella Galleria Palatina, come La Velata e la Madonna della seggiola, rendendola un ineguagliabile scrigno del Rinascimento.
Un’altra opera di straordinario valore storico e artistico emerge dall’ombra: il Ritratto di monsignor Maffeo Barberini, attribuito a Caravaggio, sarà visibile per la prima volta al pubblico fino al 23 febbraio 2025 presso Palazzo Barberini, a Roma. Proveniente da una collezione privata, quest’opera ha riacceso l’interesse degli studiosi per la ritrattistica del Merisi, un aspetto meno conosciuto della sua produzione artistica.
Il ritratto, descritto da Roberto Longhi nel 1963 come una pietra miliare della ritrattistica caravaggesca, coglie il giovane Barberini – futuro Papa Urbano VIII – in un momento di intensa vitalità. Con la sua posa diagonale, il gioco sapiente di luci e ombre e la straordinaria espressività dello sguardo, il dipinto racconta una personalità dinamica e risoluta, collocandosi nella tradizione rivoluzionaria del Caravaggio. La composizione, essenziale e priva di ornamenti superflui, è un esempio mirabile della capacità del maestro di far emergere monumentalità e immediatezza emotiva.
La storia dell’opera è altrettanto affascinante. Rimasta per secoli nella collezione Barberini, il ritratto riemerse solo negli anni ’60, grazie agli studi di Longhi e Giuliano Briganti. Da allora, l’attribuzione a Caravaggio è stata unanimemente accettata, rendendo questa esposizione un evento senza precedenti per il grande pubblico e per gli studiosi.
«È il Caravaggio che tutti volevano vedere, ma sembrava impossibile», ha dichiarato Thomas Clement Salomon, Direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica e curatore del progetto espositivo insieme a Paola Nicita. «Siamo felici e orgogliosi che le Gallerie Nazionali di Arte Antica siano riuscite in questa impresa e che per la prima volta in assoluto questo capolavoro possa essere ammirato da tutti a Palazzo Barberini».
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