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Cecco del Caravaggio, la prima mostra nella rinnovata Accademia Carrara di Bergamo
Arte antica
Ci sono i grandi e quelli che stanno con i grandi. E riescono a rubare parecchio ai maestri e lasciare una propria traccia nel tempo. È il caso di Cecco del Caravaggio, artista bergamasco della cerchia di Michelangelo Merisi, di cui è stato allievo e modello (e probabile amante). La sua prima mostra in assoluto, “Cecco Del Caravaggio. L’allievo modello”, è in corso fino al 4 giugno all’Accademia Carrara di Bergamo, riaperta dopo la ristrutturazione in occasione di Bergamo Brescia Città della cultura 2023. «È stato un progetto importante e impegnativo», ha spiegato la direttrice dell’Accademia, Maria Cristina Rodeschini. «Era un cambiamento necessario perché con più proposte possiamo dare più offerta al nostro pubblico. E raggiungerne di nuovo».
Il rinnovamento dell’Accademia Carrara di Bergamo
La novità più importante è che è stato dedicato il primo piano alle mostre temporanee. Al secondo, invece, sono state trasferite le migliori opere della collezione: dal Mantegna al Pisanello, da Foppa a Bellini, e, ancora, Raffaello, Tiziano, Lotto, Moroni, Baschenis, Rubens, Tiepolo, Canaletto, Guardi, Hayez e Previati. Insieme con oggetti e monete. Al piano terra è stata organizzata l’accoglienza per i visitatori con un bookshop, altri servizi e una nuova sezione che racconta dei collezionisti che hanno contribuito a creare il museo (oltre 260 i donatori), tra cui il celebre critico Federico Zeri. E negli spazi della scala è stata aggiunta un’opera site specific che racconta Bergamo in un modo davvero unico. Il progetto “Fallen Fruit” è del duo californiano David Allen Burns e Austin Young.
La mostra su Cecco del Caravaggio all’Accademia Carrara di Bergamo
Scelta non scontata anche quella della prima mostra: il pittore “misterioso”, Cecco del Caravaggio appunto, di cui il vero nome Francesco Boneri è stato scoperto nel 1991 dal curatore della mostra Gianni Papi, storico dell’arte, fra i massimi studiosi di Caravaggio e del Caravaggismo dopo una lunga ricerca di archivio, interpretando una sorta di documento di pagamento di un lavoro.
Ora si hanno più certezze anche sulle datazioni, la nascita avvenuta probabilmente nel 1585 nel territorio bergamasco e la morte dopo il 1620: «È un pittore che da una parte affonda le sue radici nel Cinquecento, dall’altra rappresenta la figura più audace e oltranzista tra i seguaci di Caravaggio», spiega Papi.
«Si può sospettare addirittura che sia stato colpito da una “damnatio memoriae”, visto che ci sono poche informazioni sulla sua vita: è assente dalle cronache storiche e da quelle giudiziarie (a differenza della maggior parte dei suoi colleghi della cerchia caravaggesca). Come lo fa pensare anche il nome un po’ dispregiativo Cecco del Caravaggio, senza cognome facendo alludere che ne fosse allievo e anche amante. E quindi “poco raccomandabile. Siamo a conoscenza di come fosse fisicamente grazie a sei dipinti di Caravaggio, il San Giovanni Battista dei Musei Capitolini, e il David del dipinto della Galleria Borghese, dove la testa di Golia è un autoritratto di Caravaggio», che sono entrambi in mostra.
I riferimenti omosessuali espliciti nell’opera di Cecco del Caravaggio
Sicuramente, suggerisce il curatore, era un anticonformista un virtuoso nella definizione delle forme dei contorni nel colore «Naturalista, oltranzista, audace, iperrealista ante litteram, prepotente e privo di timori censori, a tratti esplicito nei rimandi erotici e nei messaggi omosessuali», scrivono nella presentazione sul catalogo.
Le sue capacità pittoriche si potranno scoprire nelle opere esposte, che sono inserite nel percorso della mostra a fianco a quelle di Caravaggio, e altri autori che lo hanno influenzato come Savoldo, Valentin de Boulogne, Bartolomeo Mendozzi e Pedro Núñez del Valle (sono tutti prestiti da musei italiani e non solo, come Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti di Firenze, Museo del Prado di Madrid, Kunsthistorisches Museum di Vienna). A scoprirlo fu il celebre critico Roberto Longhi, ma la sua identità si deve appunto a Gianni Papi nel 1991.
Le prossime mostre all’Accademia Carrara saranno “Vette di Luce, Naoki Ishikawa sulle Alpi Orobie”, a cura di Filippo Maggia e Maria Cristina Rodeschini, e “Tutta in voi la luce mia, Pittura di storia e melodramma”, a cura di Fernando Mazzocca, fino a gennaio 2024.