E’ sicuramente uno dei ritratti più celebri dell’intera quadreria medicea, quello del Nano Morgante, e anche uno di quelli con la storia più travagliata. Realizzato nel 1553 circa dal Bronzino, raffigura Braccio di Bartolo, il più celebre dei cinque buffoni che vissero alla corte di Cosimo I, secondo un’originale prospettiva “fronte/retro” che lo coglie in veste di “uccellatore”: pur facendo parte della corte, non era di alto rango per cui gli era preclusa la caccia alle bestie di taglia grande e doveva accontentarsi di ambire ai soli volatili. La doppia tela, molto fragile, è ora stata dotata di una nuova teca con vetro antiriflesso di ultima generazione e un sistema di assorbimento degli urti, e fa bella mostra di sé nella splendida Sala di Apollo, all’interno della Galleria Palatina di Palazzo Pitti, dove ha trovato finalmente la sua collocazione sicura e definitiva.
Personaggio assai popolare nella Firenze dell’epoca, Braccio era apprezzato per la sua lingua tagliente e arguta ed era noto a tutti con il nomignolo di Morgante, a richiamare in una sorta di antifrasi il gigante protagonista dell’omonimo poema di Luigi Pulci. Citato anche dal Vasari, fu ritratto da molti artisti a lui contemporanei: da Valerio Cioli, che lo immortalò a cavalcioni di una tartaruga nella fontana del Bacchino del Giardino di Boboli, al Giambologna, che lo immaginò spavaldo a cavallo di un mostro marino per la piccola fontana nel giardino pensile sopra la loggia dei Lanzi (oggi al Bargello) e impertinente alla base del monumento equestre di Cosimo I in Piazza della Signoria, mentre partecipa – disturbando, com’era suo solito – all’incoronazione del suo signore.
La tela, ora messa in sicurezza, ha subìto nel corso del tempo manipolazioni e spostamenti. Nell’Ottocento fu sottoposto ad un pesante intervento di “restauro” che trasformò il nano nel dio Bacco, nel tentativo di riassegnare la “imbarazzante” nudità del nano a un più “rassicurante” personaggio mitologico: così una corona di foglie di vite fu aggiunta a cingergli il capo, bacino e genitali vennero nascosti da un’altra ghirlanda di pampini e grappoli, e la civetta ridipinta diventò un calice di vino. Queste aggiunte furono rimosse solo nel 2010, durante una delicata operazione di ripristino che restituì finalmente all’opera l’aspetto originario, e al Nano Morgante la sua dignità di abile cacciatore di uccelli, celebrata dalle fonti storiche. Dal 2013 al 2016, la tela era stata esposta nel corridoio al primo piano degli Uffizi, in dialogo con gli altri ritratti realizzati dal Bronzino; tuttavia le vibrazioni del pavimento al centro del corridoio, proprio lungo la traiettoria dei flussi dei visitatori, costituivano un serio pericolo per la sua integrità e conservazione. Da qui l’esigenza di una ricollocazione definitiva e più sicura.
“Le cronache ci tramandano che Braccio di Bartolo aveva una personalità complessa e arguta, carismatica e a volte anche litigiosa – spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt –. Fu uno dei protagonisti della vita sociale e politica della corte, molto caro a Cosimo I, di cui si festeggia quest’anno il cinquecentenario della nascita. L’installazione a Palazzo Pitti del suo ritratto dipinto da Bronzino (che di quella corte fu indiscutibilmente il massimo pittore) è dunque un’occasione insieme museografica e celebrativa. Ed è oltretutto un’operazione che salvaguarda un’opera tanto fragile dai rischi di distacco della pellicola pittorica”.
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