«Il Salvator Mundi, un falso da 450 milioni»: la scoperta di una studiosa italiana

di - 20 Novembre 2020

Nonostante del Salvator Mundi se ne siano perse le tracce ormai da più di un anno, la querelle sulla sua attribuzione a Leonardo da Vinci non accennano a placarsi, anzi. L’ultima notizia che potrebbe mettere in crisi l’illustre paternità, che valse la quotazione milionaria di 450 milioni di dollari nell’asta del novembre 2017 di Christie’s New York, proviene dall’Italia. Annalisa Di Maria, studiosa del Centro Unesco di Firenze ed esperta di studi leonardeschi, afferma di aver scoperto un nuovo disegno di Gesù realizzato a sanguigna dal genio vinciano, che dimostrerebbe l’errata attribuzione del dipinto dei record che, secondo gli ultimi avvistamenti, dovrebbe essere gelosamente conservato a bordo di Serene, super yacht del principe saudita Mohammed bin Salman.

La scoperta è stata annunciata dall’International Committee Leonardo da Vinci, il Comitato Internazionale per la commemorazione dell’anniversario dei 500 anni, che ha specificato che lo studio, di 80 pagine, sarà presentato in una conferenza a Firenze, non appena l’emergenza Covid-19 sarà passata e si potranno organizzare nuovamente conferenze in presenza.

«Questo è il vero volto del Salvator Mundi. Ricorda in tutto i disegni di Leonardo, parla la sua lingua forte e chiaro», ha dichiarato la studiosa, che non ha fatto mistero dell’emozione di guardare il disegno per la prima volta. Di Maria, che da 20 anni effettua ricerche su Leonardo, ha raccontato di essere stata contattata da due collezionisti di Lecco, al termine di una conferenza sull’attribuzione delle Pale di San Leo a Botticelli, per un parere su un disegno e il “colpo di fulmine” è stato immediato. «Quando l’ho visto mi è mancato il fiato. È un’opera di una raffinatezza incredibile e mi è apparsa subito come una rivelazione», ha spiegato alla Stampa.

Il Salvator Mundi? Un falso. L’opinione di Di Maria

Di Maria paragona il disegno al più noto autoritratto di Leonardo, osservando che entrambi sono stati ritratti con la posa a tre quarti che il Maestro prediligeva. Il Salavator Mundi, invece, mostra Gesù in posizione frontale, guardando direttamente lo spettatore. «Il genio dipingeva i personaggi con enorme dinamicità e spesso di tre quarti, non avrebbe mai potuto ritrarre un personaggio così frontale e privo di movimento», spiega Di Maria, che ha messo in confronto il disegno a sanguigna con l’iconico Autoritratto – anche questo a sanguigna – databile al 1515 circa e conservato nella Biblioteca Reale di Torino, osservando certi particolari ricorrenti, come l’occhio destro, i riccioli della barba, le labbra e l’espressione. Similitudini ritrovate anche nella Testa di Cristo di Annibale Carracci (che però è dispersa ed era conservata a Dresda, alla Gemäldegalerie Alte Meister), esplicitamente ispirata allo stile leonardesco.

Insomma, secondo Di Maria, la sanguigna sarebbe il disegno preparatorio per un Salvator Mundi troppo diverso da quello milionario, sulla cui attribuzione peraltro si è sempre dibattuto. Quando il dipinto fu acquistato per 10mila dollari nel 2005 dal mercante d’arte di New York, Alex Parrish, la paternità era attribuita a Giovanni Boltraffio, allievo nella bottega di Leonardo. La nuova attribuzione leonardesca risale al 2011, svelata per la retrospettiva su Leonardo alla National Gallery di Londra, nella cui occasione l’opera fu sottoposta anche a un pesante restauro. E così, nel 2017, il Salvator Mundi con la nuova firma fu messo in asta e battuto per la cifra record di 450 milioni di dollari, da intermediare che agivano, probabilmente, su mandato del principe ereditario saudita Mohammad bin Salman. L’opera milionaria avrebbe dovuto essere il pezzo forte del Louvre di Abu Dhabi ma, dopo continui rimandi, non fu mai presentata e, ormai da lungo tempo, se ne sono perse le tracce.

E adesso, spunta fuori un nuovo Salvator Mundi a rimestare le acque, o a schiarirle. «Non escluderei a priori, ma semplicemente non posso dirlo senza vedere il disegno e le prove scientifiche», ha dichiarato il famoso studioso di Leonardo Martin Kemp. Parere simile anche per Pietro Mariani, il più grande studioso italiano di Leonardo: «è necessaria cautela perché il disegno è debole, non pare avere le caratteristiche tipiche del tratto leonardesco. Basta guardare le pupille, e poi anche i capelli, sembra più un parrucchino. Non mi sembra un disegno autografo. Mi riservo di vedere dal vivo questo disegno», ha dichiarato al quotidiano Il Giorno.

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