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Le bellezza del sacro, al Museo Marini di Firenze: intervista alla curatrice della mostra
Arte antica
Dal 12 settembre 2024 all’8 gennaio 2025, il Museo Marino Marini di Firenze ospita la mostra dal titolo Il Tesoro di Terrasanta al Museo Marino Marini. La bellezza del sacro: l’Altare dei Medici e i doni dei Re. Oltre 100 capolavori, commissionati dalle corti cattoliche europee per la basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, portano i visitatori in un viaggio attraverso cinque secoli di arte sacra. Siamo di fronte a un percorso inedito ed affascinante in un contesto unico. Un’occasione per riflettere sulla fede, sulla storia e sul dialogo tra culture. Abbiamo incontrato Leyla Bezzi, la curatrice della mostra, proprio all’interno delle sale del Museo Marino Marini, in Piazza San Pancrazio a Firenze.
Come nasce l’idea di questa mostra in una location così particolare come quella del Museo Marino Marini?
«Marino Marini è un artista del 900, quindi molto lontano dal Tesoro di Terrasanta, l’idea è nata nella primavera del 2023, quando abbiamo ospitato un convegno che vedeva protagoniste Firenze e Gerusalemme, due città della pace, durante il quale abbiamo ospitato un workshop sul rapporto tra il Santo Sepolcro e la Cappella Rucellai.
La Cappella è infatti la copia quasi identica, in dimensioni e progetto del Santo Sepolcro. Dopo la metà del Quattrocento, su iniziativa di Giovanni di Paolo Rucellai, esponente eminente di quella famiglia che aveva il patronato sulla cappella maggiore della chiesa di San Pancrazio, vede la luce, in una cappella laterale dell’attuale Museo Marini, una delle “meraviglie” del rinascimento fiorentino, il sacello del Santo Sepolcro, gioiello dell’architettura realizzato da Leon Battista Alberti. Il sacello del sepolcro venne collocato nella prima cappella a sinistra della chiesa, collegato con la navata centrale, attraverso un elegante triforio formato da due agili colonne corinzie sormontate da una trabeazione dal fregio strigilato».
Che pezzi presenta la mostra?
«Abbiamo raccolto 109 opere che formano un vero e proprio tesoro unico al mondo. Sono tutti doni delle corti europee alla Basilica del Santo Sepolcro e sono stati nascosti per cinque secoli dai francescani che li hanno protetti da guerre, distruzioni e tentativi di saccheggio. La maggior parte del patrimonio proviene dal convento di San Salvatore a Gerusalemme. Lo scopo della raccolta è quello di far conoscere al mondo il Terra Sancta Museum e anche quello di raccogliere fondi necessari per la realizzazione e la circuitazione di questa impresa unica nella storia».
Entrando nel luogo dell’esposizione, si ha quasi l’impressione di immergersi in un percorso di “storytelling”, tra narrazioni inedite, oggetti simbolici e spiritualità cristiana. Avete dato molta importanza al racconto per catturare la curiosità del pubblico. Come sono suddivise le sale?
«Abbiamo deciso di dividere le sale per paese e città di provenienza, anche se nella mostra di Firenze il focus si è concentrato maggiormente sul rapporto tra la nostra città e Gerusalemme. Molte famiglie fiorentine hanno commissionato capolavori unici per il Santo Sepolcro e tutte le sale al piano terra del Marini sono dedicate a questo periodo. Molti dei pezzi vengono fuori per la prima volta da archivi e luoghi impensabili. Per esempio abbiamo esposto una bolla papale del 1439, che sancisce la pace tra Chiesa cristiana e Chiesa Ortodossa, con la firma del Papa e del Patriarca Greco. Questo documento era custodito nella Cassetta Cesarini a Palazzo Vecchio. Pensi che il rapporto tra Firenze ed il Santo Sepolcro risale addirittura all’anno Mille! Esponiamo anche la Stella di Betlemme, che rappresenta il punto preciso della nascita di Gesù Cristo».
Dal punto di vista tecnico, come sono avvenuti i trasporti delle opere? Immagino si sia trattato di un allestimento molto complesso, vista anche la mole e il peso di alcuni pezzi.
«Sì, il trasporto delle opere verso Firenze è stato complesso e lungo. La prima spedizione venne ritardata per il bombardamento dell’aeroporto di Tel Aviv, con grandi ritardi e disagi. Anche la concomitanza con lo scoppio della guerra e le tensioni geo politiche in quei territori hanno reso questa mostra davvero un’impresa, che abbiamo portato a termine grazie ad uno staff di professionisti appassionati e uniti. Stiamo valutando anche altre tappe della mostra in altre città del mondo, vogliamo che questo tesoro sia visto da un pubblico più vasto possibile».
Siamo ora davanti all’enorme Arazzo degli Uffizi che campeggia nella sala centrale del Marini. Di che cosa si tratta?
«Questo pezzo, unico al mondo, era nascosto nel deposito degli Uffizi, ma non era stato aperto dal 1989, non sapevamo quindi in che condizioni potesse essere. Per fortuna abbiamo solo effettuato un piccolo restauro per togliere la polvere sedimentata nel tempo. Era miracolosamente intatto. Questo arazzo vede un disegno di Giovanni Stradano, realizzato dai tessitori toscani. Raffigura Cosimo il Vecchio a Gerusalemme, intento nel costruire un ospedale per i pellegrini malati. Abbiamo deciso di mettere questo arazzo nel punto più visibile del museo, per far vedere l’importanza della committenza dei Medici. Le faccio notare che abbiamo cambiato l’assetto di molte statue di Marino Marini, per integrare le opere del Tesoro con il consueto percorso della mostra permanente. Lo spettatore visitando la mostra poi potrà vedere la splendida struttura del Museo Marini, che vede al suo interno sovrapporsi un edificio religioso ancora consacrato come la Cappella Rucellai, ad un altro trasformato per uso industriale in epoca napoleonica, in pratica la prima manifattura tabacchi a Firenze».
Quali aspettative avete per questa mostra?
«Vorremmo attrarre al Marini non solo un pubblico italiano, ma anche spettatori internazionali. La collezione esposta, infatti, tornerà a Gerusalemme una volta terminata la mostra, rendendo questa un’occasione unica per avvicinarsi a questi capolavori. Difficilmente questi pezzi usciranno tutti insieme dalla Terra Santa. Il percorso espositivo è irripetibile e adatto ad un pubblico di ogni età e preparazione, un viaggio attraverso i capolavori donati dalle corti europee, una collezione di opere d’arte impreziosita dalle donazioni dei reali di Spagna, Francia, Portogallo e Sacro Romano Impero. Nella cripta del Marini poi ci sono i doni italiani provenienti da Venezia, Genova, Granducato di Toscana e Regno di Napoli, che toccano il rinascimento mediceo, l’arte degli Asburgo-Lorena fino ad arrivare al periodo moderno».
Sono previsti eventi collaterali alla mostra?
«Sì, da ottobre a Dicembre verranno degli esperti per delle conferenze di approfondimento sui temi trattati nel percorso espositivo, ci stiamo lavorando, vi invieremo a breve il programma dettagliato».