Croce e delizia dei nostri musei sono i depositi, nei quali spesso possono trovarsi capolavori di grande pregio per la storia dell’arte ma che, per questioni di spazio ma anche di difficoltà di movimentazione, raramente trovano la luce dell’esposizione pubblica. Alla Galleria Sabauda dei Musei Reali di Torino, però, si continua nelle operazioni di riordino delle raccolte di arte antica e, dopo il riallestimento della collezione Gualino e della pittura del Settecento, al secondo piano è stato presentato il nuovo display della prestigiosa collezione del principe Eugenio di Savoia Soissons.
L’occasione è significativa per ripercorrere le vicende del valente comandante militare, temuto stratega, conosciuto come il “Gran Capitano” ma considerato anche tra gli intellettuali più colti e raffinati tra Seicento e Settecento. Tra una battaglia e l’altra, Eugenio riuscì a radunare una straordinaria collezione d’arte, ospitata nelle sue dimore viennesi, il Palazzo di Città e la magnifica residenza extraurbana del Belvedere, immortalate nelle bellissime incisioni della serie Residences memorables de l’incomparable heros de nôtre siècle, eseguite su disegni di Salomon Kleiner e pubblicate tra il 1731 e il 1740.
Eugenio non si sposò mai, morì a Vienna nel 1736 e lasciò le sue ricchezze alla nipote Vittoria di Savoia Soissons, erede universale che mise in vendita l’immenso patrimonio. Grazie all’azione diplomatica del conte Luigi Malabaila, ambasciatore sabaudo a Vienna, il re di Sardegna Carlo Emanuele III riuscì ad acquistare la quadreria, che poteva vantare una magnifica selezione di opere dei più autorevoli maestri del classicismo seicentesco come Nicolas Poussin, Guido Reni e Francesco Albani, un incredibile nucleo di pittura fiamminga e olandese rappresentato da capolavori di Antoon van Dyck e da scene di genere, paesaggi, nature morte e soggetti sacri e mitologici di Jan Brueghel il Vecchio, Paul Bril, Gerrit Dou, Jan Griffier, Paulus Potter e David Teniers.
La sua collezione è esposta alla Galleria Sabauda, in un percorso che mette in dialogo i capolavori dei maestri primitivi nordici, le raccolte di pittura fiamminga e olandese del Seicento provenienti dagli acquisti effettuati a più riprese dai Savoia tra il XVII e il XIX secolo, le opere delle scuole italiane del Seicento, con un affondo su alcuni lavori eseguiti da pittrici tra Cinquecento e Seicento. Il nuovo intervento sulle collezioni è interamente sostenuto dal Ministero della Cultura nell’ambito della programmazione per il triennio 2022-2024, finanziata con la legge di bilancio del 2022, che ha incrementato la dotazione del fondo per la tutela del patrimonio culturale.
Il nuovo ordinamento a cura di Annamaria Bava e Sofia Villano, progettato da Loredana Iacopino architettura, presenta oltre 180 opere – alcune delle quali conservate per anni nelle collezioni di riserva – allestite su più registri alle pareti, tra le finestre e anche lungo il corridoio centrale, valorizzato da numerosi dipinti.
Il percorso espositivo inizia con due sale dedicate alla pittura fiamminga del XV e XVI secolo, delineandone lo sviluppo attraverso due secoli, a partire dalla lezione dei grandi maestri del Quattrocento con il passaggio a una nuova visione della realtĂ , fino al sofisticato linguaggio del Manierismo internazionale del tardo Cinquecento.
Il nucleo dei Primitivi fiamminghi comprende capolavori assoluti della storia dell’arte come la celebre tavoletta di straordinaria qualità di Jan van Eyck con Le stigmate di san Francesco, nella quale una luce limpidissima restituisce con assoluta precisione i minimi dettagli naturalistici; i due pannelli di Rogier van der Weyden con Un devoto in orazione e La Visitazione, un tempo parti laterali di un trittico la cui tavola centrale è oggi conservata al Louvre; la Madonna con il Bambino assegnata a un seguace di Petrus Christus, ambientata in un accogliente interno domestico ricco di elementi simbolici; la tavola di Hans Memling con Scene della passione di Cristo, eseguita per il banchiere fiorentino Tommaso Portinari, ritratto insieme alla moglie ai margini del dipinto, proveniente dal convento domenicano di Bosco Marengoda dove arriva anche il Giudizio Universale realizzato su rame da Bartholomeus Spranger verso il 1570-1571 per papa Pio V, rielaborando un trittico del Beato Angelico.
Dal Palazzo Durazzo di Genova, acquistato nel 1824 da Carlo Felice di Savoia con i suoi arredi, provengono la grande tavola con l’Adorazione dei Magi, realizzata dal maestro fiammingo che prende il nome da quest’opera, e una tavola dipinta su entrambi i lati da Bernard van Orley, pittore di corte di Margherita d’Austria, governatrice dei Paesi Bassi spagnoli. Due trittici tipologicamente simili sono dedicati alla Crocifissione, uno dei quali è fra le opere più raffinate del cosiddetto Maestro delle Mezze figure femminili: numerose opere attribuite sotto questo nome convenzionale in realtà sono il prodotto di più artisti, attivi in una stessa bottega nella prima metà del Cinquecento probabilmente ad Anversa. Tra i temi maggiormente rappresentati è la raffigurazione di dame eleganti, spesso intente a leggere o a fare musica, come la bella tavola con la Suonatrice di liuto.
Interessante esempio di pittura di genere è poi lo Studio di un avvocato, mentre il gusto sofisticato del tardo manierismo internazionale, diffuso nelle corti italiane ed europee, è testimoniato dalla tela del fiammingo Lucas de Heere, un’opera di grande effetto raffigurante il raro tema dell’Allegoria delle Arti liberali in tempo di guerra.
La prima parte del corridoio centrale è riservata al nucleo di nature morte italiane e fiamminghe del Seicento e del Settecento, giunte a più riprese nelle raccolte torinesi dall’inizio del XVII secolo, e testimonia la diffusione e la fortuna che questo genere riscontrò da subito anche presso le grandi Corti internazionali.
Lo spazio introduce alle sale dedicate alla collezione del principe Eugenio, che ci fa entrare nel tempo e nel gusto dello stratega geniale e comandante in capo dell’esercito asburgico che, in questo ruolo, raggiunse una fama straordinaria fermando l’avanzata dei Turchi in Europa, come documentano le dieci grandi battaglie che lo ritraggono in alcuni dei momenti più importanti delle sue campagne militari, dalla Battaglia di Zenta (1697) a quella di Torino, nel 1706, al fianco del cugino Vittorio Amedeo II contro l’assedio francese della città , fino alle Battaglie di Petervaradino (1716) e di Belgrado (1717), dipinte da Jan van Huchtenburg (Haarlem, 1647 – Amsterdam, 1733), attivo a Parigi tra il 1667 e il 1670 come pittore di corte di Luigi XIV.
L’eccezionale collezione di pittura del principe Eugenio, riunita grazie a una fitta rete di contatti a Napoli, Roma, Milano, Bologna e, in ambito europeo, nelle Fiandre e in Olanda, era esposta nelle sue dimore secondo precise scelte di gusto e ornava gli ambienti di rappresentanza, le gallerie e i cabinet. L’attuale presentazione delle opere nelle sale della Galleria Sabauda tiene conto delle scelte d’arredo e delle testimonianze figurative trasmesse dalle incisioni tratte dai disegni di Salomon Kleiner, che riproducono diversi ambienti nei quali, alle pareti, si possono riconoscere numerosi dipinti trasferiti in seguito a Torino.
Nello Stadtpalais di Vienna, ad esempio, per esaltare il carattere ufficiale e aulico della residenza, le pareti rivestite da tappezzeria in velluto e boiserie dorata erano arredate da dipinti prevalentemente a tema storico e religioso, tra cui la Santa Margherita di Nicolas Poussin, il San Girolamo assegnato a Guido Reni, la Madonna col Bambino ritenuta di Van Dyck e oggi attribuita a un suo collaboratore.
Proviene invece dalla galleria del Belvedere Superiore una serie di opere appartenenti alla tradizione figurativa emiliana tardo manierista, come l’Allegoria della Geometria di Lorenzo Sabbatini, e testimonianze della pittura bolognese di gusto classicista con tele di Guido Reni, Francesco Albani, Gian Giacomo Sementi e Carlo Cignani, attualmente esposte al primo piano della Galleria Sabauda, oltre a importanti dipinti di scuola veneta come Le tre Grazie di Pietro Vecchia e dipinti di artisti fiamminghi e olandesi particolarmente amati dal principe, quali Amarilli e Mirtillo di Antoon van Dyck, I quattro tori di Paulus Potter e l’Assalto di un ponte di Philips Wouwermans.
Molto apprezzato e tenuto in grande considerazione dai collezionisti europei e dal principe Eugenio fu anche Jan Griffier, pittore attivo nei Paesi Bassi e in Inghilterra. I suoi paesaggi avevano trovato posto nel Belvedere Inferiore di Vienna, la dimora in cui il principe risiedeva di preferenza nella stagione estiva. Sono presenti in Galleria Sabauda 13 opere provenienti dalla sua raccolta, una collezione unica in Italia per numero e qualità , paragonabile a livello europeo solo a quella conservata presso la Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda. Griffier aveva un talento particolare nella rappresentazione di vedute in cui, alla descrizione topografica delle città e alla resa scenografica di paesaggi montuosi e fluviali, si univano particolari di vita quotidiana, come nella composizione dell’Inverno, che segna un vertice all’interno della sua produzione.
Il nuovo allestimento del secondo piano della Pinacoteca prosegue con altre opere acquistate da Carlo Emanuele III nel 1737, quando ormai erano ben avviate le trattative per l’acquisto della collezione del principe Eugenio. Si tratta della raccolta personale di Giovanni Battista Bodissoni, residente a Venezia, membro di una nobile famiglia originaria di Bruxelles trasferitasi in Italia nella seconda metà del Seicento. Le collezioni sabaude si arricchirono di un altro notevole nucleo di opere olandesi e fiamminghe che contava ritratti, nature morte, scene di genere, storie sacre, dipinti di paesaggio e interni che ben documentavano lo stile e le tematiche della cultura figurativa nordica tra XVI e XVII secolo.
Un’altra sala testimonia il grande interesse per la pittura olandese e fiamminga dimostrata dai Savoia dal Seicento all’Ottocento: protagonista di questa sezione è il Vecchio dormiente di Rembrandt van Rijn, straordinario capolavoro giovanile del maestro acquistato nel 1866, uno dei rari dipinti autografi del pittore olandese presenti nei musei pubblici italiani. Uscendo dalle sale dedicate alla pittura nordica, il percorso prosegue con le opere appartenenti a scuole italiane del Seicento che continuano l’esposizione al primo piano della Galleria.
Gli straordinari esiti del Barocco genovese sono documentati dall’opulenta cromia del Baccanale di Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto, e dai ritratti di Bernardo Strozzi e Jan Roos. La scena artistica romana è rappresentata dalla soave Madonna della rosa di Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato, che risente fortemente della lezione di Raffaello.
Come nel percorso dedicato alle raccolte settecentesche che precede la Collezione Gualino, anche la sala conclusiva del nuovo allestimento è dedicata alla pittura al femminile tra Cinquecento e Seicento, epoca in cui le artiste occupano un ruolo significativo e del tutto eccezionale, ancora in gran parte da svelare. Sono esposti il Ritratto dell’Infanta Isabella Clara Eugenia, sorella della duchessa di Savoia Caterina Micaela, eseguito da Sofonisba Anguissola, che per molti anni fu al servizio del re di Spagna Filippo II, raggiungendo nel campo della ritrattistica una fama di livello europeo, alla quale si è proposto di riferire anche il bel Ritratto di principessa con leone.
Troviamo poi il Ritratto di Carlo Emanuele I di Giovanna Garzoni, che svolse un’intensa attività per la Corte sabauda, dipinto su pergamena con la tecnica del puntinato per raggiungere straordinari effetti di naturalezza e finezza; la Giuditta con la testa di Oloferne di Fede Galizia, che mostra l’abilità della pittrice nella scelta della gamma cromatica, ricercata e brillante, e nella resa delle vesti sontuose e dei gioielli preziosi.
Due opere di soggetto religioso raffigurano Santa Cecilia che suona l’organo e Sant’Elena di Orsola Maddalena Caccia, figlia del pittore Guglielmo detto il Moncalvo, che trascorse la sua esistenza in convento e diede vita a una produzione di grande successo, caratterizzata da un vivace cromatismo e dalla presenza di raffinati brani di natura morta, molto ammirata anche dalla duchessa Cristina di Francia.
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