La Nuda di Giorgione (1508 ca.), frammento di affresco
Con la “tinta sanguigna e fiammeggiante” delle sue carni, così definita da Anton Maria Zanetti quando nel 1760 ne trasse un’incisione, ha sedotto per secoli chi transitava davanti al Fondaco dei Tedeschi, la prestigiosa sede commerciale della nazione tedesca affacciata sul Canal Grande nei pressi del Ponte di Rialto. Stiamo parlando della Nuda di Giorgione, una giovane figura femminile coi capelli raccolti ritratta in piedi a seno scoperto entro una semplice nicchia, testimonianza superstite di una delle (rare) imprese pubbliche condotte dal grande artista di Castelfranco: dieci anni fa l’opera è stata avviata a un lungo e laborioso restauro conservativo. I lavori si sono ora conclusi e la Nuda può tornare finalmente a mostrare la sua bellezza al pubblico a partire da martedì 25 febbraio alle Gallerie dell’Accademia.
L’opera fu realizzata nel 1508 in occasione della ricostruzione del Fondaco andato distrutto in un rovinoso incendio e faceva parte della decorazione della facciata. Difficile la sua interpretazione: rappresenterebbe, si è ipotizzato, un emblema della pace politica o della prosperità commerciale di Venezia.
Esposta alle intemperie e all’aria salmastra, la Nuda si deteriorò rapidamente insieme al resto dell’apparato decorativo, cui collaborò anche il giovane Tiziano, all’epoca allievo di Giorgione. Nel 1937 fu staccata ed esposta , insieme ai pochi frammenti di affreschi superstiti, tra le Gallerie dell’Accademia e la Ca’ d’Oro. Poi il restauro.
L’intervento di manutenzione straordinaria del frammento ha visto la pulitura accurata della superficie dipinta, la rimozione delle colle e dei ritocchi a tempera alterati, la stuccatura delle piccole lacune e il loro abbassamento con velature a tono.
“Una nuova e preziosa luce – dichiara il direttore delle Gallerie dell’Accademia, Giulio Manieri Elia – trarrà la Nuda dal contesto espositivo entro cui verrà collocata in una delle sale recentemente riallestite della pittura cinquecentesca: la vocazione al classicismo, espressa in quest’opera, appartenente alla tarda stagione giorgionesca, troverà infatti risalto nel confronto con le altre preziose opere di Giorgione in sala e nel dialogo con le composizioni dei suoi giovani allievi, Tiziano e Sebastiano del Piombo, presenti nel medesimo ambiente”.
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