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Barcellona: il videomapping di Refik Anadol trasforma la facciata di Casa Batlló
Arte contemporanea
di redazione
Refik Anadol non ha limiti, letteralmente: dopo la fotografatissima installazione digitale al MoMA di New York e il record d’asta con la sua opera NFT, battuta da Christie’s per 1,38 milioni di dollari, questa volta l’artista turco-statunitense ha realizzato una grande opera per Casa Batlló, a Barcellona. Presentata nell’ambito di “Digital Impact”, una mostra collettiva sull’arte digitale che, tra i vari autori, vede coinvolto anche l’italiano Quayola (qui l’articolo di exibart.es), l’opera di Refik Anadol ha illuminato la facciata dell’iconica architettura di Antoni Gaudí, attirando, in cinque proiezioni serali, ben 65mila spettatori. «Vogliamo mantenere viva l’eredità artistica di Gaudí e proiettarla nel futuro seguendo i suoi principi, quelli di un artista innovativo e all’avanguardia, in anticipo sui tempi», ha dichiarato Gary Gautier, CEO di Casa Batlló.
Nato nel 1985 a Istanbul e formatosi negli Stati Uniti, Anadol ha iniziato il suo percorso artistico realizzando commissioni di arte pubblica usando dati digitali, come nel caso del progetto del 205 “Virtual Depictions”, a San Francisco. Nello stesso anno ha partecipato alla Biennale di Istanbul, mentre nel 2018 gli fu commissionata un’opera per la Walt Disney Concert Hall: un’animazione di dati di 12 minuti, intitolata “WDCH Dreams e composta da una serie di immagini astratte e registrazioni audio e video trovate all’interno dell’archivio della Concert Hall. Sempre rimanendo nel linguaggio digitale, spesso lavora su contesti site specific, come nel caso di “Seoul Haemong”, una proiezione di 16 minuti per il parco Dongdaemun Design Plaza di Seoul, in Corea del Sud, progettato dall’archistar Zaha Hadid.
Il successo definitivo è stato decretato lo scorso anno, in pieno tormentone NFT e arte digitale, con l’opera realizzata per il MoMA, “Unsupervised”, cioè senza supervisione, o meglio, apprendimento non supervisionato, che rappresenta un apice dell’applicazione delle tecnologie di intelligenza artificiale all’arte contemporanea. Su un display di più di sette metri per sette, che riempieva la hall del museo di New York, scorreva un flusso di colori elaborati a partire dalle immagini di tutte le opere della collezione, incrociati con ciò che accade in tempo reale. Un’opera che si genera dalle altre – cioè da “tutte” le altre – e riflette i cambiamenti del contesto, incrociando due dati: il movimento dei visitatori, catturato da una telecamera posta nel soffitto della hall, e le condizioni metereologiche, fornite da una stazione di Manhattan.
Refik Anadol ha usato un procedimento simile anche per “Living Architecture” il progetto di Casa Batlló, l’edificio che si trova al 43 del Passeig de Gràcia, considerato una delle creazioni più originali di Gaudì e, dal 2005, entrato nella Lista del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Qui, l’artista ha utilizzato un set di dati di circa un miliardo di immagini tra cui schizzi di Gaudí, documenti d’archivio, immagini pubblicamente disponibili dell’edificio e foto prese dai social media. Questi dati sono stati poi inseriti in algoritmi personalizzati che incorporano i dati climatici di Barcellona per produrre immagini proiettate sull’edificio. «Abbiamo sentito il vero amore e il potere dell’arte pubblica», ha scritto su Instagram Refik Anadol, che nel 2021 aveva trascorso un periodo di residenza a Casa Batlló. «Abbiamo onorato il genio di Gaudí usando la sua incredibile facciata di Casa Batlló come una tela, il set di dati di tutta la sua vita come un pigmento leggero».