Un progetto che anche grazie al suo umorismo solleva molte domande. Qual è il ruolo dell’intelligenza artificiale nel mondo dell’arte? Cosa vuol dire oggi fare critica d’arte?
A.I.C.C.A, la scultura performativa di Mario Klingemann, l’artista tedesco pioniere nell’uso dell’intelligenza artificiale nell’arte, combina l’estetica retrò di un cagnolino di pezza con algoritmi e tecnologie complesse. L’idea alla base di questo lavoro è quella di dar vita ad un performer, prendendo spunto sia dagli automi itineranti del 18° e 19° secolo, che dall’Electric Monk, un robot creato dallo scrittore di fumetti di fantascienza Douglas Adams, che è stato progettato per svolgere il lavoro del proprietario. In un’epoca di sovraccarico visivo e riduzione dell’attenzione umana, Klingemann suggerisce ironicamente che «sembra esserci un’apertura per le macchine che prestano attenzione».
ChatGPT e un umorismo ironico si fondono per generare una conversazione sulla linea tra arte e tecnologia, segnando anche un nuovo passo per l’artista, che per la prima volta ha incorporato la robotica nel suo lavoro.
A.I.C.C.A., 2023, Mario Klingemann © Courtesy of ONKAOS
Il risultato? Un agente provocatore peloso che invita al dibattito sull’IA, sul ruolo dei robot o anche su cosa significhi avere un occhio critico. Un tema quello del rapporto tra il mondo dell’arte e l’intelligenza artificiale, che lascia sempre con qualche riserva. Da un lato gli interrogativi sul ruolo della creatività in questi processi, dall’altro la dubbia qualità di alcuni dei lavori prodotti.
Ed è proprio in questo dibattito su questioni socio-culturali che si inserisce A.I.C.C.A, senza la pretesa di dare un parere ma anzi sottolineando con ironia la superficialità di questa discussione. Acronimo di Artificially Intelligent Critical Canine, A.I.C.C.A è stato creato in collaborazione con ONKAOS e Maedcore, un importante studio di ingegneri robotici con base a Madrid.
Ispirato ai classici giocattoli vintage su ruote, il cane di pezza, in grado di muoversi autonomamente su di una piattaforma, osserva l’ambiente circostante attraverso una lente nera. Alle spalle un lungo addestramento su di un vasto corpus di materiale visivo e scrittura artistica che lo hanno reso in grado di avere dei propri criteri per identificare le opere, in base a composizione, colore, stile e persino semantica. Ecco che durante la sua performance all’ Espacio SOLO di Madrid A.I.C.C.A si è avvicinato ad un’opera e dopo averla analizzata lavorando con ChatGPT, ha realizzato un breve pezzo critico che ha poi espulso, su una piccola striscia di carta, come un normale cane nell’atto di fare i suoi bisogni. Ma può davvero l’AI sostituire un testo critico? La risposta è no, e non era certo ciò che l’artista voleva provare.
Un lavoro che pur essendo basato sull’intelligenza artificiale paragona i risultati ottenuti dall’AI ad escrementi ci vuole quindi far pensare a quali siano i criteri critici con cui la qualità e il valore di qualcosa sono valutati nel mondo dell’arte.
«L’atto di scrivere o non scrivere di un certo artista è già un atto di gatekeeping […] Se un noto critico non scrive mai di te, probabilmente non sei nessuno. Anche ricevere una cattiva critica è meglio che essere ignorati”, dice Klingemann. Non essere scritti è la cosa peggiore che ti possa capitare.»
A.I.C.C.A non ci da delle risposte, non è questo il suo intento, Klingemann con il suo fare intrattenitore e provocatore non prende una posizione. L’intento dell’artista è quello di rivendicare lo spazio artistico come luogo per la sperimentazione, un parco giochi in cui trattare con ironia ed umorismo i dibattiti attuali, come la soggettività umana, i pregiudizi dell’IA e gli impatti sociali dei contenuti generati dai bot.
A.I.C.C.A., 2023, Mario Klingemann © Courtesy of ONKAOS
«È tutto qui? Potrebbe esistere un’estetica al di là della quale alcune cose non sono state provate?». Questa è la domanda che si pone il pioniere dell’AI arte, esplorando questo possibile nuovo terreno attraverso serie di dati, codice e complessi algoritmi di apprendimento automatico noti come reti neurali.
Programmatore autodidatta, Klingemann crea modelli di macchine che poi addestra su serie di dati selezionati, che vanno dal reperito online a vecchi ritratti di maestri, da microscopi elettronici a parti di macchine. Una volta impostati, questi modelli generano nuove immagini in modo autonomo, dando vita a quella che attualmente viene definita arte generata dall’intelligenza artificiale. Lavorando con input visivi figurativi, Klingemann produce ritratti distorti e inquietanti come The Butcher’s Son, vincitore del Lumen Prize Gold Award 2018. In media wall o installazioni come Memories of Passerby I, invece, gli spettatori possono osservare un flusso continuo di immagini generate dall’intelligenza artificiale.
Una parte importante della ricerca di Klingemann è incentrata sugli archivi culturali digitali; ha lavorato con istituzioni prestigiose come la British Library, l’Università di Cardiff e la New York Public Library, ed è Artist in Residence presso Google Arts and Culture. Ha ricevuto il British Library Labs Artistic Award 2016 e attualmente collabora a progetti con l’incubatore di arti digitali ONKAOS. Klingemann partecipa regolarmente a conferenze internazionali sull’arte e la tecnologia e le sue creazioni sono state esposte in tutto il mondo, tra cui al MoMA, al Metropolitan Museum of Art di New York, al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo e al Centre Pompidou di Parigi.
Colección SOLO è stata l’ambientazione di questa performance che mira a viaggiare per diverse mostre e fiere d’arte nel mondo. Ma in cosa consiste l’Espacio SOLO di Madrid? È un progetto artistico internazionale con sede a Madrid che mira a promuovere, sostenere e condividere le opere d’arte di oggi. L’edificio, ideato dall’architetto Juan Herreros, vincitore del Madrid College of Architects Award nel 2018, ospita l’omonima collezione di arte contemporanea che conta quasi 900 opere che spazia dalla pittura figurativa alla scultura cinetica, dal pop surrealismo ai nuovi media e all’AI-art, riunendo più di 180 artisti provenienti da una diversità sempre maggiore di Paesi e di background artistici. L’iniziativa è nata oltre sette anni fa dagli imprenditori spagnoli Ana Gervás e David Cantolla. SOLO gestisce infatti una serie di programmi di supporto per gli artisti, contribuisce all’organizzazione di mostre nazionali e internazionali, garantisce loro sovvenzioni annuali, organizza progetti di assistenza su misura e ospita residenze di artisti a Madrid e in Cantabria.
L’Espacio SOLO si trova nel cuore di Madrid, all’interno del “miglio dell’arte” della città, che comprende i musei Prado, Reina Sofia e Thyssen-Bornemza. Questa posizione riflette l’impegno di SOLO nel promuovere l’arte e gli artisti di oggi, ed aprirà un nuovo spazio artistico di 4.000 m2 nel centro di Madrid (Spagna) nel 2023.
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