A Milano, in Foro Bonaparte, il giovane Simone Becchio, figlio di collezionisti torinesi nutrito di arte moderna e contemporanea, ha inaugurato Tempesta Gallery e nell’epoca Covid, ci vuole coraggio e anche una giusta dose di incoscienza tipica nei ventenni!
Nella sua galleria dove le incertezze dell’arte s’intrecciano (occhio all’illuminazione per nulla scontata) Becchio intende proporre dialoghi, corrispondenze, affinità, differenze elettive, relazioni tre artisti delle avanguardie storiche del Novecento e autori emergenti. La prima mostra 2020 è un omaggio al femminile, un confronto ardito di tre opere su carta degli anni’60, preziosissime chicche di virtuosismo sperimentale dell’eccentrica e trasgressiva Carol Rama (1918-2015), esposte al primo piano con circa una ventina di opere di Lucia Leuci, capace di inscenare al piano terra croci e delizie degli ambienti domestici, dove la quotidianità, gli oggetti più umili e i legami affettivi intrecciano strane storie di ordinaria follia nella casa come sfera affettiva. Il titolo della mostra dell’autrice pugliese, che vive e lavora a Milano si intitola “La ragazza di città”. Questa mostra potrebbe essere quasi interpretata come diario visivo, uno scrigno di cultura materiale, bricolage di tutti gli sradicati che abbandonano la campagna, il borgo nativo, la provincia per la città, dove c’è tutto o quasi, solitudine e alienazione inclusa, anche se nella metropoli manca la relazione intima con la Natura.
E in questa anomala casa delle bambole di Lucia Leuci, in cucina dove il tempo è scandito dal rito del cibo e relazioni affettive, non sfugge allo sguardo più attento la perfezione artigianale del dettagli di sculture in ferro, materiale protagonista degli arredi di questo interior surreale ma equilibrato. Tra le altre opere, è struggente per una poetica semplicità Uovoteka (2020), che racchiude nella forma della casa – contenitore di uova tutte diverse, significati plurimi e narrazioni simboliche.
Spazio alla creatività femminile anche in questa nuova galleria che tra ossessioni, ironia, angosce e fantasia emotività di due artiste di generazioni, cultura, esperienze differenti unite dalla curiosità di sperimentare materiali e oggetti umili, con opere irrequiete quasi trappola visiva, dove nulla è ciò che sembra, per dare forma a innesti, cortocircuiti visivi e concettuali inattesi all’insegna della libertà espressiva dell’arte anche se a volte scomoda e indecifrabile. E adesso aspettiamo le altre mostre per giudicare chi fa cosa e come lo fa, anche se a giudicare dalla prima, qui si attendono sorprese!
di Silvia Conta
In occasione dell’inaugurazione abbiamo posto alcune domande ai protagonisti della nuova apertura.
Come è nata l’idea di aprire Tempesta Gallery, tra l’altro in tempi così particolari?
«Tempesta gallery è stata fondata con l’intento di esporre artisti italiani e internazionali contemporanei in dialogo con maestri dell’arte del passato.
L’obiettivo è di analizzare e approfondire le diverse tematiche legate alle alterazioni dell’ecosistema attuale e quindi alle “nuove” problematiche socio-culturali che ne derivano e alla coesistenza “forzata” di differenti forme di vita.
Attraverso gli artisti vorrei osservare l’impatto degli interventi dell’uomo sul pianeta e proporre dei nuovi stimoli per marginare le azioni invasive procurate al nostro ecosistema.
Situato nel centro storico di Milano, lo spazio presenterà mostre personali di artisti contemporanei che lavorano sul macro tema della natura e su come tra esseri umani, specie animali e vegetali si crei un equilibrio grazie alle loro reciproche relazioni».
Quale sarà la linea della galleria?
«La programmazione della galleria sarà, come accennavo prima, formata da artisti contemporanei affiancati da “big” iconici e storicizzati, un’occhio di riguardo sarà rivolto ad artisti che nel loro lavoro sollevino un dibattito su tematiche di attualità. Mi interessano quegli artisti che oltre a presentare un lavoro di qualità dal punto di vista estetico e linguistico approfondiscono gli aspetti concettuali e filosofici dell’opera e soprattutto che in grado di far scaturire un pensiero libero e fresco sul nostro tempo».
Hai dei modelli di galleristi o curatori a cui ti ispiri?
«Axel Vervoordt, Massimo De Carlo e Hans Ulrich Obrist».
Perchè hai scelto di inaugurare con la mostra di Lucia Leuci?
«Ho sempre amato il lavoro di Carol Rama e volendo appunto inaugurare la galleria con un’artista a me molto cara ho iniziato una meticolosa ricerca verso una collega che ne seguisse le linee, ma in maniera attuale e contemporanea. Lucia Leuci riflette su tematiche affini e il suo stile tagliente e ironico si coniuga senza citazionismi con quello dell’artista torinese che tutti conosciamo».
Quali saranno le prossime mostre?
«Alma Heikkila e Ane Graff sempre in dialogo con artisti storici, Marisa Merz e un’altro nome che sveleremo più avanti».
Quali aspetti del tuo lavoro emergono, in particolare, nel percorso espositivo di Tempesta Gallery?
«L’osservazione del quotidiano mi spinge ad indagare essenzialmente due ambiti d’interesse: quello “esistenziale”, inteso dall’artista nel suo cogliere le singole esistenze del quotidiano – osservando figure medie, non simboliche, ma rappresentative del contesto attuale di lavoratori, famiglie, madri, figli, nuove forme di quella che un tempo veniva chiamata “gente comune” – e quello “urbano”: la città è vista in senso metafisico, come luogo influente sull’esistenza dei singoli».
In mostra si parla del rapporto tra vita in contesti urbani e in contesti rurali, che cosa ti ha portata ad approfondire questa tematica?
«Sicuramente la mia esperienza personale, infatti da molti anni vivo a Milano e ne percepisco tutti i limiti sociali. Io stessa, per così dire, ho idealizzato la campagna».
Più in generale, quali sono cardini della tua ricerca?».
In mostra si parla del rapporto tra vita in contesti urbani e in contesti rurali, che cosa ti ha portata ad approfondire questa tematica?
«La mia esperienza personale, infatti da molti anni vivo a Milano e ne percepisco tutti i limiti sociali. Io stessa, per così dire, ho idealizzato la campagna».
Più in generale, quali sono cardini della tua ricerca?
«La mia ricerca artistica è incentrata soprattutto sul vivere quotidiano nei contesti sociali metropolitani e laterali della città. Sono anche interessata alle marginalità identitarie e al concetto di periferia in genere».
Dove potremo vedere prossimamente il tuo lavoro?
«Attualmente sto lavorando ad un progetto su Andrej Tarkovskij curato da Treti Galaxie in dialogo con la Madonna del parto di Piero della Francesca nel Museo di Monterchi in Toscana e a un altro e l’altro per l’Institut für Kulturaustausch di Tubinga».
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