Si potrebbe affermare che ogni opera, per Nathalie Du Pasquier, abbia a che fare con la pittura. L’artista dipinge ogni giorno nel suo studio, dal 1987. In Intercity, titolo del progetto site-specific pensato dall’artista per Zazà Ramen, le pareti e gli altri elementi architettonici di cui si compone lo spazio vengono trattati come se fossero tele che, unite tra loro, compongono un’unica grande struttura. Come in un polittico articolato in più scene, è la coerenza della composizione a tenere insieme l’opera. Nell’applicare la pittura, Du Pasquier sceglie di utilizzare l’intera superficie a disposizione, che viene suddivisa in almeno cinque moduli, cui corrispondono altrettante campiture di colore; include anche la colonna al centro del locale, che si accende di una tonalità rosso brillante.
Il progetto concepito dall’artista è un’opera-ambiente, dove lo spazio reale finisce per fondersi con lo spazio di rappresentazione dell’opera. Questa dimensione ambientale, oltre a dialogare con la tradizione del wall painting, si può mettere in relazione con altri lavori realizzati dall’artista. Mi vengono in mente le recenti stanze-opera, presentate nel 2021 nelle mostre al museo Macro di Roma e presso APALAZZOGALLERY di Brescia, e la serie delle “Cabine” (realizzate a partire dal 1999), dove pareti, opere e oggetti vengono concepiti come un tutt’uno, coinvolgendo lo spazio a trecentosessanta gradi.
Le pennellate che compongono la fascia centrale di Intercity sono inscritte in un rettangolo dai tratti spessi e neri, che sembrano mimare la funzione di una cornice. Benché questi elementi ci sembrino vagamente riconoscibili, sono invece per l’artista “cose inesistenti”. Stiamo guardando fuori dal finestrino di un treno che corre a tutta velocità? Sono immagini di un sogno? O forse pure astrazioni? Non è importante definirlo con certezza poiché ciò che vediamo è spazio dipinto, reale e mentale insieme. Al centro di questa esperienza di visione vi è infatti il principio stesso di rielaborazione della realtà, che avviene quando memorie personali e stimoli visivi esterni si mischiano tra loro.
Seguendo tale logica, l’artista sperimenta in molte delle sue opere l’aggregazione di diverse
componenti. Oltre che nelle nature morte pittoriche, lo fa con sculture in legno, disegni su carta, piastrelle, tessuti e altri medium vicini all’editoria e alla progettazione. In questo palinsesto si inseriscono i vasi in ceramica allestiti nella libreria: nati nel 2018 dalla collaborazione con l’azienda Post Design, dialogano con i progetti realizzati dall’artista, anni prima, nel mondo del design (tra le altre cose, Du Pasquier è stata una delle fondatrici del gruppo Memphis). Così Intercity è un insieme di elementi che crea associazioni, un progetto coerente con la sensibilità dell’artista. L’intervento rende lo spazio di Zazà reale e sospeso, verosimile e astratto. È organizzato e geometrico, eppure tiepidamente familiare. È giocoso e umorale… così “come si seguono i pensieri”, per usare le parole di Nathalie.
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