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A Milano Nico Vascellari trasforma Palazzo Reale in un “campo” di tensioni e rinascita
Arte contemporanea
Se ciò che cercate è una guida chiara che vi conduca alla scoperta di Nico Vascellari (Vittorio Veneto, 1976) o una lettura esaustiva della sua personale Pastorale, in corso a Palazzo Reale fino 2 giugno 2025, sappiate che ciò che cercate non esiste. Se invece siete pronti a lasciarvi sedurre dall’idea che l’arte non sia un semplice oggetto di bellezza indifferente, ma un “evento di verità” – per citare il filosofo Martin Heidegger – capace di risvegliarci e liberarci dai limiti della soggettività, allora questa lettura potrebbe trasformarsi in un terreno fertile, dove le idee si innestano e germogliano in nuove prospettive.

Con questo intervento site-specific per la Sala delle Cariatidi Vascellari riafferma la sua capacità di trascendere la mera rappresentazione della realtà, portando alla luce un contrasto che ci guida verso un fondamento, una verità latente in attesa di essere svelata. Per raggiungere questo obiettivo l’artista si muove ancora una volta sul crinale tra il significato e la sua dissoluzione, tra l’inganno e la rivelazione, come nell’idillio pastorale evocato: un’apparente quiete arcadica che cela una complessità ben più inquietante. Per riprendere Roberto Lacarbonara e Sergio Risaliti (quest’ultimo curatore del progetto) nel catalogo edito da Skira: «Un titolo che contrasta con le tracce di quanto accaduto a questa sala nel lontano 1943, quando le Cariatidi vennero bombardate. Il tema arcadico, l’idillio, è forse la cosa più lontana dai disastri della guerra. Ma forse la funzione di tale genere di invenzioni letterarie stava proprio in questo: offrire allo spirito umano un rifugio, un’isola felice, per sopravvivere alla violenza della vita e della storia, lontano da intrighi politici e conflitti sociali».

Ancora una volta, la natura e il mondo animale sono per l’artista potenti strumenti visivi e metaforici. Essi incarnano una forza che, attraverso la loro presenza, risveglia il desiderio umano di comprendere l’universo naturale, destabilizzando e riorientando la nostra percezione del mondo. Non si tratta di nostalgia o di una bellezza innocente: l’artista “rinasce” ogni volta insieme all’opera, perché l’opera stessa diventa un evento di rinascita in cui la verità si manifesta, e con essa l’uomo, nel suo rapporto più autentico con la realtà. Se già in Melma al Forte Belvedere di Firenze (2023) l’evocazione di una materia fangosa e arcaica entrava in attrito con la palazzina rinascimentale, con Pastorale l’artista prosegue la sua sovversione. Qui la solennità neoclassica della Sala delle Cariatidi viene messa in tensione attraverso un’estetica performativa che, tra materia e suono, ne incrina l’armonia, dischiudendone fratture e possibilità di metamorfosi. Lo spazio espositivo si fa “teatro di semina” instaurando un dialogo viscerale con un luogo segnato dalla guerra, in risonanza con la storica esposizione della Guernica di Pablo Picasso che qui ebbe luogo nel 1953. Un aspetto ulteriormente esaltato dalla “macchina scenica” posta al centro della sala, evocando insieme un congegno di detonazione e un bulbo in gestazione. Intervengo nuovamente Lacarbonara e Risaliti: «Qualcosa, all’improvviso, muove dal profondo, un rumore sordo, tellurico, che lentamente cresce alimentando un rigonfiamento del suolo alla base del corpo metallico. Dura pochi istanti, la tensione giunge al limite, per poi deflagrare nell’esplosione fragorosa che, dalla superficie del cilindro, libera nell’aria milioni di minuscole particelle destinate a ricadere nell’intero spazio espositivo. Sono semi, nuvole di sementi floreali, quasi un bombardamento di piccoli nuclei organici che erompono nella sala in forma di un inquietante amplesso meccanico».

E mentre in Visita Interiora Terrae (2020) il corpo di Vascellari si abbandonava alla terra cercando una connessione profonda e introspettiva con un’origine ancestrale, qui l’interazione con lo spazio diventa ancora più instabile e collettiva. La natura non è più un rifugio incontaminato, ma un “campo minato”, un organismo in continua mutazione, che accoglie sia il crollo quanto la possibilità di una nuova fioritura. Nella Sala delle Cariatidi le tracce del passato non si cristallizzano nella rovina, ma diventano il terreno su cui immaginare un nuovo equilibrio. L’idillio non è un ritorno, ma una tensione ancora possibile dentro il conflitto.

Courtesy Studio Nico Vascellari
«L’arte critica è un’arte che mira a produrre una nuova percezione del mondo, e che quindi si lancia in una trasformazione. Questo schema, all’apparenza molto semplice, risulta in realtà dal congiungersi di tre processi. Anzitutto la produzione di una forma sensoriale di “estraneità”; in secondo luogo lo sviluppo di una consapevolezza del motivo di tale estraneità; in terzo luogo una mobilitazione di individui in seguito a tale consapevolezza». Jacques Rancière, Dissensus (2004).

È proprio la produzione di una forma sensoriale di estraneità che accompagna Vascellari sin dal principio, attraverso frammenti che oscillano tra mondi apparentemente lontani. Dal suo laboratorio creativo Codalunga (fondato nel 2005), una vera e propria “factory”, all’esordio alla Biennale di Venezia con l’installazione sonora e performativa Revenge (2007), fino alla scultura monumentale Falena (2023), esposta di fronte alla Triennale di Milano. È nelle connessioni invisibili tra questi progetti che si svela il senso del suo lavoro, così come nel suo ruolo di “pastore dell’essere” si cela il potenziale di un’arte capace di costringerci a confrontarci con l’urgenza della nostra condizione. Nell’incontro con questa emergenza, nell’abbraccio di un’arte che è anche azione politica, non dobbiamo cedere all’annichilimento, ma riconoscere l’impulso verso un impegno necessario.

«In un mondo dove, come afferma Heidegger, “L’assenza di emergenza è la vera emergenza”, le alterazioni della realtà proposte dalle opere d’arte rivelano questa emergenza e invocano una diversa estetica, un’estetica dell’emergenza». Santiago Zabala, Why Only Art Can Save Us: Aesthetics and the Absence of Emergency (2017)