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Tutto parte da un viaggio non compiuto. Eppure, come dice il proverbio? Chiusa una porta si apre un portone. Potremmo in questo caso quasi dire un “portellone”, visto che stiamo parlando di un ex rifugio antiaereo della periferia di Milano, precisamente in via Vallarsa 20, zona Fondazione Prada. Si chiamerà SPAZIO AMATO, in omaggio all’opera-neon dell’artista Massimo Uberti, che qui aveva il suo studio. E del quale Uberti ha passato le chiavi, e il testimone, al giovane Giorgio Bernasconi, classe 1998 e un percorso in scultura a Brera. Che ha deciso di farlo diventare non solo un luogo di lavoro ma anche espositivo, iniziando con una serie di mostre personali dedicate ad altrettanti artisti emergenti. Con una peculiarità: sarà proprio lo spazio a “dettare” le opere, che verranno create via via in stretto dialogo con l’ambiente. Ecco cosa ci ha raccontato l’ideatore di questa nuova realtà milanese.
Ci racconti che cosa ti ha spinto a voler aprire il tuo spazio a Milano?
«Milano come tutte le grandi metropoli è un motore a probabilità infinita, dove migliaia di storie si incontrano ed interagiscono tra di loro ogni giorno, in quest’ottica SPAZIO AMATO è un pretesto per lavorare insieme, stare insieme e fare succedere le cose. Con questo progetto vorrei costruire un polo, un centro, l’obbiettivo è quello di sviluppare una rete di collaborazione e condivisione tra nuove esperienze artistiche. Inoltre avendo lavorato e studiato a Milano per diversi anni, ho costruito senza accorgermene una fitta rete di relazioni che è servita da base su cui porre le fondamenta di questa iniziativa, che si basa sulla tensione propositiva di approfittare di una possibilità. Nei mesi precedenti a questa mostra inaugurale si è costruito un gruppo coeso di persone che hanno lavorato per realizzare questa idea, vorrei ringraziarli qui, nero su bianco, per aver creduto in me e in questo progetto».
Come si svolgerà la programmazione?
«SPAZIO AMATO ospiterà una serie di personali, data la particolare collocazione, ho pensato fosse più efficace far sì che ogni artista occupasse lo spazio nella sua interezza, consiglio a chi espone di lavorare realizzando opere site-specific, l’intento è quello di proporre mostre che si concentrino su un approccio sperimentale allo spazio espositivo. giovedì 16 e venerdì 17 Dicembre, a partire dalle 17 fino alle 21 (ingresso libero prenotazione obbligatoria, qui) lo spazio aprirà con la mia esposizione personale: “Possibilitè Trouvè”, dove presenterò una serie di lavori di media e grande dimensione realizzati ad acquarello su tela. La mostra sarà aperta fino al 15 gennaio, successivamente a febbraio ospiteremo Giulio Alvigini, e seguirà Marco Paleari. Stiamo lavorando con diversi artisti e artiste per le mostre seguenti, ma non sono ancora state chiarite le tempistiche e non vorrei sbilanciarmi».
Che cosa pensi che manchi, in Italia, nella promozione dei giovani artisti, e come vorresti “colmare” a tuo modo queste problematiche?
«Ho notato la presenza di un limbo, un’area grigia, che si frappone tra la fine del percorso accademico e l’inizio del percorso professionale, questo particolare momento, dove si è troppo giovani per le gallerie e troppo vecchi per le mostre organizzate dall’accademia, è solitamente colmato dagli spazi indipendenti. Quando si parla di spazi indipendenti vengono in mente esperienze come quella di via Lazzaro Palazzi, dove un gruppo di artisti si ritrova in un luogo e organizza mostre, senza appoggiarsi a gallerie commerciali. Solitamente la programmazione di questi luoghi riguarda soltanto i componenti di tale gruppo, le opere condividono una poetica comune e lavorando insieme riescono a portare avanti una ricerca condivisa. Fino a quando lo spazio non acquisisce una fama o serietà tale da permettergli di invitare diversi artisti da fuori. Per SPAZIO AMATO ho voluto fare qualcosa di diverso: è lo spazio ad essere l’opera, è lo spazio ad essere l’evento. Gli artisti in programmazione sono degli invitati a cui viene consegnato questo luogo, come fosse un foglio bianco, questo ci differenzia da situazioni che hanno già delle linee guida prestabilite, dove è necessario centrare una poetica sott’intesa. In questo spazio espositivo è la natura del luogo a dettare la poetica e sta al singolo artista capire come relazionarsi con essa».
Bello e possibile! Trovare lo spazio tra le vostre informazioni per diffondere iniziative che hanno bisogno della corretta comunicazione. Sono felice che ciò accada e che anche per i giovani emergenti, ci sia chi sa come affrontare l’argomento e ne diffonde le intenzioni; con loro la passione del fare bene le cose.