«rendo omaggio a wagner attraverso questi eventi, come il grande punto di partenza per una nuova arte possibile che si eleva dalla scialba mediocrità». Basterebbero queste parole di Hermann Nitsch (Vienna 1938 – Mistelbach 2022) per cogliere la sua costante volontà di tonificare la vita quotidiana con un’arte rinnovata. L’azionista viennese mirava infatti a sconfiggere l’attuale attutirsi dello slancio vitale, attraverso una pratica artistica elevata a sacralità religiosa. In effetti, queste parole, leggibili nel programma di sala del Festival di Bayreuth del 2021, racchiudono l’eredità culturale di Nitsch, invitato in Baviera a fine luglio 2021 per realizzare una malaktion (azione di pittura) che “colorasse” la musica del Die Walküre di Richard Wagner (Lipsia 1813 – Venezia 1883).
Una selezione delle opere su tela originatesi nel teatro concepito dal compositore tedesco sono giunte al Museo Nitsch di Napoli, per restarvi fino al 2024 nel rinnovato allestimento, il primo senza la supervisione dell’artista viennese, scomparso lo scorso aprile. A sopperire alla mancanza, Giuseppe Morra, direttore del museo e amico di Nitsch fin dagli esordi, che ha curato ogni dettaglio installativo insieme ai collaboratori della sede, situata dal 2009 in una centrale elettrica di fine Ottocento. Sulle pareti e sui pavimenti dell’ex Stazione Bellini, dunque, sono disposte le grandi composizioni di “dipinti versati” della malaktion walküre, in cui compaiono tutti i colori dell’arcobaleno, mentre uno schermo restituisce le immagini e i suoni della performance a Bayreuth.
L’allestimento è arricchito, come di consueto, dall’apparato simbolico di Hermann Nitsch, disposto con eroico rigore: dagli strumenti chirurgici e farmaceutici ai paramenti sacri, fino alla frutta fresca, a compimento della finalità sinestetica e immersiva della sua poetica. Sul soffitto e al piano superiore, l’opera d’arte totale di Nitsch è completata dai suoi disegni monumentali, tra cui La Caduta di Gerusalemme (1971-2008) e L’Ultima cena (1979-1983).
Un’articolazione complessa, tuttavia mai fine a se stessa, quanto invece mimesi perfetta dell’esistenza umana in ogni suo aspetto, grazie agli studi approfonditi dell’artista, che gli permisero la sapiente commistione di elementi teatrali e musicali (dalle Orestiadi di Eschilo alla Gesamtkunstwerk di Wagner, dalle campane delle chiese fino a Skrjabin), fusi con il pensiero filosofico (da Nietzsche a Schopenhauer a Heidegger) e con la psicanalisi (dall’abreazione di Freud agli archetipi di Jung).
L’obiettivo finale di Nitsch era il raggiungimento dello stato di “eccesso”, sia nel Teatro delle Orge e dei Misteri cosi come nei suoi allestimenti, dosati e sovraccarichi al contempo, ben ricostruiti «nella più viscerale della città d’Europa», secondo Giuseppe Morra, in cui l’artista austriaco diresse la sua ultima 158.aktion nel settembre 2020. Il museo partenopeo coglie l’occasione per esporre anche i “relitti” di questa estrema azione performativa, per la quale Nitsch aveva composto la Sinfonia Napoli, condotta allora da Andrea Cusumano.
Nuovamente, quindi, a Napoli, il multicromatismo creato da Nitsch si fonde con le cangianti tonalità dell’opera wagneriana Valchiria. Nel capoluogo campano si può pertanto riscoprire il contributo di Richard Wagner all’opera di Hermann Nitsch, che ne rappresenta uno stadio avanzato, così come si può cogliere a pieno l’osmosi tra il Nitsch-artista visivo e il Nitsch-compositore. Realtà inscindibili per colui che per tutta la vita ha teorizzato e messo in atto l’unione degli opposti – come sottolinea Lorenzo Mango nel saggio a corredo del percorso espositivo -, verso l’affermazione terrena della vita. Partendo da «lohengrin e parsifal [in cui finalmente] – scrive Nitsch nel marzo del 2021 – il dilemma tra questo mondo e la trascendenza è teso verso la sua risoluzione. ogni momento di vita vissuta si eleva in questa dimensione. la cosiddetta immanenza non ha più un’antitesi».
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