Dal movimento dell’acqua arriva un suono antico che si ricollega a gesti che mimano una ritualità ancestrale, femminile. L’acqua stessa, del resto, rimanda alla simbologia della nascita o rinascita in una chiave di ricerca interiore e, nell’affermazione di un’emancipazione, può essere considerata il fil rouge dell’installazione site-specific Alone, Together / l’uno è il molto che Carolina Mazzolari (Milano 1981, vive e lavora a Londra) presenta a D3082-Domus Civica gallery di Venezia (fino al 27 agosto), realizzata con la collaborazione dello studio dell’artista e Sarp gallery di Linguaglossa. Un lavoro corale nato durante il lockdown quando l’isolamento forzato, riflesso di una vulnerabilità psicologica e sociale, è stato tuttavia l’occasione per riflessioni profonde e introspettive.
Certamente è questa l’esperienza vissuta da Mazzolari che insieme a Ilaria Martello, Costume Production Manager della Royal Opera House di Londra, ha iniziato a concepire questo progetto multidisciplinare intorno al tema di genere delle lavandaie, figure centrali nell’economia familiare grazie al loro duro lavoro. Fino al boom economico con l’avvento della tecnologia al servizio del progresso e la diffusione di elettrodomestici come il frigorifero e la lavatrice (entrati con le cambiali nelle case degli italiani) lavare i panni spettava unicamente alle donne che lo facevano sia per sé che per gli altri, ricavando da ciò anche una potenziale risorsa economica indipendente. Le lavandaie immortalate nei quadri ottocenteschi o nelle vecchie fotografie virate in seppia sciacquano i panni nel fiume, nei lavatoi o nelle fontane ma non sono mai sole. Questo senso di appartenenza e condivisione di una socialità scandita dalla reiterazione del gesto, scomparso con la conquista di un gradino superiore nella scala sociale, dà l’imprinting al video Alone, Together (2021). Il titolo stesso esprime «l’idea della forza del singolo nella collettività», spiega Carolina Mazzolari. «La performance parla delle voci delle nostre antenate, donne del passato che sono sempre con noi, ci accompagnano». A dare un volto e un corpo a questo immaginario è Kristen McNally, coreografa e ballerina della Royal Ballet School che dopo una fase iniziale da remoto si è recata con l’artista in Liguria per girare il video sulla spiaggia di Portofino, in prossimità di un grande albero abbattuto da una tempesta. L’incontro casuale con questa presenza che galleggiava sull’acqua, sottolinea le radici di quella forza comune in cui la dimensione reale è sospesa e allo stesso incapsulata in una visione onirica. «Naturalmente è una versione pittorica dell’animo di quelle donne».
Il corpo femminile in movimento è accompagnato dal sottofondo della colonna sonora composta da Mazzolari con Chrys Ward (ispirati dall’opera di Mira Calix) e prodotta da Arthur Baker. «All’interno della performance c’è una moltitudine di metafore legate alla percezione del corpo in movimento. Lavorando insieme in equipe e cercando nuove forme espressive, abbiamo voluto esprimere il potere e la profondità dell’esperienza femminile condivisa ormai perduta. Sentimenti di perdita per rituali tradizionali e spazi collettivi, combinati con la potenzialità della catarsi in compiti umili e ripetitivi.» L’ascolto, l’inconscio, il rituale, la comunicazione, il lavoro, l’acqua, il movimento, la danza: tutti elementi che esorcizzano quella che ormai è dichiaratamente memoria. I teli bianchi su cui è proiettato il video, all’interno delle vetrine di D3082-Domus Civica, evocano i panni stesi nel vicino campiello de le Chiovere e zone limitrofe, che – come ricorda la toponomastica – storicamente ospitavano i fili appesi ai chiodi per l’asciugatura della biancheria e le tinture dei tessuti. Fuori dallo spazio espositivo, in calle de le Sechere, il passante è partecipe di questa storia condivisa di cui un altro paragrafo è «scritto» attraverso due arazzi-sculture.
La scelta stessa di esporre alla Domus Civica è stata dettata anche dall’impegno sociale che anima questo incubatore dedicato alla creatività femminile, nato nel 2019 nello spazio della Domus Civica gestita dall’Associazione Cattolica Internazionale per il Servizio della Gioventù (ACISJF) come residenza internazionale per ragazze in difficoltà e ostello per studentesse che frequentano le università veneziane. Memore dell’affermazione di Louise Bourgeois che sosteneva che «per lavorare e produrre sul serio deve esserci integrazione del lavoro nella vita, o integrazione della vita nel lavoro», Carolina Mazzolari che ha una formazione in Fashion Design e Printing/ Textile Design e per anni ha lavorato in questo settore (insieme al marito, l’artista britannico Conrad Shawcross, tra l’altro ha collaborato a Metamorphosis: Titian 2012 per la Royal Opera House disegnando tessuti e costumi) affida il suo messaggio anche alle «mappe tessili».
Dell’installazione fanno parte due opere, inclusa la recentissima Line XIV (2023), «minimale, essenziale e scultorea in cui la linea di confine vuole ricordare anche il filo tirato su cui venivano stesi i panni.» Tessere, cucire, ricamare, rammendare anche queste sono espressioni di un lavoro tradizionalmente connesso con la sfera femminile. Una scrittura privata e allo stesso tempo corale in cui l’intreccio dei fili della trama e dell’ordito creano nuove pagine in un «mutuo gioco tra visione e pensiero:» – stavolta la citazione è di Maria Lai, quando in sguardo opera pensiero parla dell’opera d’arte – «ciascuno anima e illumina l’altro in un’unica esperienza.»
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