Scultore, fotografo, sperimentatore delle possibilità combinatorie ed espressiva della materia e delle tecniche, dagli assemblaggi di materiali di recupero a Photoshop, Lucas Samaras è morto il 7 marzo 2024, all’età di 87 anni. A diffondere la notizia, è stata Pace Gallery, la sua galleria di riferimento. Considerato tra gli artisti più innovativi della sua generazione, Samaras ha rappresentato la Grecia alla 53ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia del 2009, con una installazione intitolata Paraxena e composta da serie fotografiche e scultoree in dialogo.
«I maghi non dovrebbero morire, gli stregoni dovrebbero vivere per sempre, ma questo è solo nelle favole. Il nostro stregone, Lucas Samaras, si è rivelato sorprendentemente umano», ha ricordato Arne Glimcher, fondatore di Pace Gallery e legato all’artista statunitense e di origini greche da un’amicizia di 60 anni. «Ci volevamo bene e lavoravamo insieme, a volte litigando ma sempre pieni di ammirazione l’uno per l’altro. Non c’era niente che non potessimo dirci. Questa è la mia perdita, la nostra perdita, ma il lavoro non andrà mai perduto. Continuerà a influenzare e a dare energia al mondo dell’arte per le generazioni a venire». «Samaras si è unito alla nostra galleria nel 1965 e nel 1966 ha tenuto la sua prima mostra personale, nello spazio sulla West 57th Street a New York. Da allora, abbiamo presentato circa 30 mostre dedicate al suo lavoro, inclusa quella del 2022, Albums, presso il nostro flagship di New York», hanno dichiarato da Pace.
Lavorando con tecniche digitali molto prima che fossero associate alle arti, Samaras è stato un pioniere nella ricerca di modalità innovative di creazione di immagini, ridefinendo i confini della ritrattistica e dell’autoritratto nel corso di 70 anni di carriera. Incentrato sul corpo e sulla psiche, spesso con risvolti autobiografici, il lavoro di Samaras, attraverso fotografia, pittura, installazione, assemblaggio, disegno, tessuto e scultura, spesso è una meditazione sulla natura mutevole dell’individualità. «Mi piace rifare me stesso nella fotografia», diceva l’artista.
Nato a Kastoria, in Grecia, nel 1936, Samaras emigrò negli Stati Uniti con la sua famiglia nel 1948, stabilendosi a West New York, nel New Jersey. Frequentò la Rutgers University dal 1955 al 1959, studiando con gli artisti Allan Kaprow e George Segal. Nel 1959 studiò storia dell’arte con Meyer Schapiro alla Columbia University di New York.
Dopo aver incrociato queste importanti figure della scena artistica del Dopoguerra, Samaras si immerse presto negli Happenings e nella effervescente atmosfera culturale della New York di quegli anni. Nel 1959, Samaras fu coinvolto in 18 Happenings in 6 Parts di Kaprow alla Reuben Gallery di New York, dove nello stesso anno presentò anche la sua prima mostra personale. Si affermò dunque come una figura di spicco, insieme ad altre personalità come Claes Oldenburg, Jim Dine e Red Grooms.
Iniziò a sperimentare vari tipi di assemblaggi con specchi, scatole e altri oggetti, per creare delle installazioni ambientali e tenne la sua prima mostra personale al MoMA di New York nel 1969. Successivamente, tra il 1973 e il 1976, si dedicò alla fotografia e in particolare a quella immediata della Polaroid SX-70: il soggetto principale del suo lavoro fotografico fu la propria immagine, quasi sempre distorta e mutilata attraverso l’uso innovativo di materiali multimediali, bagnando i colori nella pellicola fotografica, sfregando e grattando le superfici. Per la forza espressa, i suoi lavori sono stati accostati a maestri come Goya, Edvard Munch e Francis Bacon.
A partire dal 2002 iniziò a lavorare con la fotografia digitale e, successivamente, integrando Photoshop nel procedimento artistico, realizzò una serie caratterizzata da autoritratti distorti e composizioni psichedeliche.
Il lavoro di Samaras si trova nelle principali collezioni museali di tutto il mondo, tra cui il Metropolitan Museum of Art, il MoMA, il Whitney e la DIA Art Foundation di New York, l’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden a Washington, il LACMA di Los Angeles, lo SFMOMA di San Francisco, la Tate di Londra e il Museo d’arte della città di Iwaki in Giappone.
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