Nel contesto contemporaneo – sempre più connotato da un’incessante e bulimica produzione di immagini e contenuti – diventa una sfida riuscire a dialogare con il passato, con la tradizione storico artistica che, nel caso del nostro Paese, costituisce un’eredità non poco ingombrante. Diviene quasi spontaneo chiedersi che cosa implichi vivere al fianco di un tale bagaglio culturale e se esistano opere che possano essere effettivamente definite come nuove. Così, After Reminiscence – progetto espositivo inaugurale del programma 2024 della galleria Cassina Projects di Milano, in mostra sino al 16 marzo – riflette sulla condizione contemporanea che sempre più spesso vede il passato come un peso che impedisce il progresso e il rinnovamento della pratica artistica. La mostra – a cura di Federico Montagna – vede coinvolti otto giovani artisti italiani, tra cui Camilla Alberti (1995), Leonardo Devito (1997), Carla Giaccio Darias (1998), Matilde Sambo (1993), Martina Zanin (1994), Norberto Spina (1995), Aronne Pleuteri (2001) e VEGA (Pionati 1990 – Arnaldi 1993).
Il termine reminiscenza indica il ricordo vago e impreciso di qualcosa che ormai è in procinto di essere dimenticata. In campo artistico, letterario e teatrale con reminiscenza si intende il passo di un’opera in cui l’autore cita consapevolmente immagini o forme artistiche provenienti da opere altre. La memoria – come spiega Montagna – e la nostalgia verso un tipo di tradizione di metodologie sono concetti saldi nei processi accademici e istituzionali. Da un lato vengono intese come bacino comune da cui gli artisti attingono per approfondire la propria ricerca, dall’altro «Rappresenta il paradigma fondante di ogni pensiero critico individuale, di ogni linguaggio espressivo e trascorso autobiografico». Le opere vivono una condizione liminale tra passato e presente, riferendosi al passato e allo stesso tempo ridefinendo il presente.
In mostra un certo numero di opere getta ponti di contatto tra pratiche artistiche apparentemente lontane le une dalle altre. La pittura di Carla Giaccio Darias – per esempio – vive una dimensione ambigua tra ricordo autobiografico e immaginazione, così come i lavori di Norberto Spina parlano al pubblico presentando sia immagini intime e personali che riconducibili alla cultura popolare italiana. Vivono una dimensione ibrida anche le opere di Camilla Alberti, le cui sculture – connotate parzialmente da una tensione a tratti violenta – intrecciano elementi naturali a innesti artificiali/industriali. Gli scatti fotografici di Marta Zanin, i dipinti a olio di Leonardo Devito e le sculture di Matilde Sambo dialogano con l’installazione di Aronne Pleuteri: un vero e proprio trittico a tecnica mista che vive al confine tra figurazione ed astrazione. Infine, il video del duo artistico VEGA riflette sull’impatto che i data center hanno avuto nel contesto romano, in particolare nel quartiere EUR di Roma.
Il concetto di reminiscenza assume in mostra dei connotati inediti, divenendo un punto di partenza per le nuove pratiche artistiche che – guardando al passato – riconfigurano il presente.
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