“Afterglow”, la mostra diffusa di Marinella Senatore, ha inaugurato lo scorso 9 giugno con una parata di portata storico-emozionale che, muovendo dal numero 15 di Old Bond Street – sede della galleria Mazzoleni – ha raggiunto la Battersea Power Station passando per la SIAL School e l’Association of Ukrainians in Great Britain fino alle Petersham Nurseries a Covent Garden, trasformando Londra in uno spazio mai normativamente prescritto.
Sfumato il confine tra l’arte e la vita, superato il punto immediatamente precedente a quello del non ritorno, quello che è accaduto a Londra è stata ed è un’esperienza visiva, di immaginazione e di socializzazione, senza precedenti. Protagonisti assoluti sono i corpi, di Marinella Senatore, dei performer della School of Narrative Dance, del gruppo di parkour Esprite Concrete e di noi storytellers. Corpi intesi come entità vive, cui proprio Senatore si rivolge, confidando il suo desiderio: “E allora adesso mi rivolgo a te, che sei un’entità viva, in trasformazione…perché è proprio così che ti desidero: in costante mutazione”.
Il nostro corpo non è, e non è più, un involucro, bensì è atteggiamento, è sviluppo del nostro essere. Noi guardiamo e pensiamo e al contempo siamo guardati e siamo pensati. Dunque abbiamo un corpo consapevole, perché è l’uno visto dall’altro. Ma questa non è semplicemente una relazione, il senso più profondo di quello che è successo e dell’arte stessa di Senatore, è l’empowerment, ovvero l’emancipazione delle persone attraverso gli altri, attraverso la bellezza. Che cosa significa? Erano circa le 17.35, eravamo alla Battersea Power Station, quando ci è stato chiesto di costruire delle file umane avanzando uniti, spalla a spalla, mano nella mano. Senza unione non avrebbe funzionato. Senza unione non avremmo potuto procedere. Perché in gioco c’era la dimensione dell’esistenza che, proprio a partire dall’espressione artistica in corso, stava disvelando il suo scenario più significativo.
Marinella Senatore ha coinvolto e mosso l’energia di migliaia di persone senza mai perdere quella dimensione poetica nella quale ci è stato possibile ritrovarci come voci narranti. È valsa la potenza magica del corpo, del gesto, del suono, del movimento e dell’unione, in uno scenario, come appunto quello della città, dove si vanno concentrando le masse umane a livello planetario.
Quale l’esigenza, dunque? Quella dell’estetica di farsi sempre più riflessione vicina alla quotidianità dell’esistere. Quale la soluzione? Marinella Senatore. Proprio lei che dieci anni fa esatti, ha fondato la School of Narrative Dance: nomade e gratuita, basata sull’emancipazione e l’inclusione, unica nel coinvolgimento anti discriminatorio di attivisti, politici, studiosi, creatori, studenti, casalinghe, musicisti, scrittori, sindacati dei lavoratori, pensionati, insegnanti, cori femministi, alpini, bambini, bande e orchestre. Loro, che oggi sono oltre 6 milioni e mezzo di partecipanti in 23 Paesi, ci hanno presi per mano uscendo dalla galleria e ci hanno condotti verso il famosissimo double decker, che ci ha accompagnati ad attivare le installazioni pubbliche in un crescendo di energia, di partecipazione, di emozione e di collettività che ha dato a noi la possibilità di esserci come presenza in una storia umana. Perché questa è la storia che narriamo: umana.
Siamo stati infanti e patrioti insieme partecipando al coro dei bambini che fuori dalla SIAL hanno intonato “Bella Ciao”. Siamo stati adolescenti su un pullman ascoltando una compagna cantare a squarciagola “The Lancashire Liar” e “The Shurat Weaver’s song” mentre qualche altro compagno parkour sopra di noi, tra noi, in noi, annullava le distanze. Siamo stati entusiasti al ritmo di tamburi inseguendoli curiosi di scoprire dove ci portassero e siamo stati incantati quando passo dopo passo il London Contact Improvisation ci affiancava con una danza di contatto, meravigliandoci dopo due anni di distanziamento sociale. Siamo stati adulti, vittime e colpevoli guardando i lottatori di fronte alla Goldsmiths Choral Union. Siamo stati innamorati di fronte a coppie che sensualmente ballavano un tango. Siamo stati complici del gruppo di Body Percussion e degli anziani riflettendo sulla mindfulness dei movimenti nello spazio pubblico e nel tessuto sociale. Siamo stati ballerini – e anche un po’ cantanti – di fronte alla Melodians Steel Orchestra e alle cinque bellissime ballerine afroamericane che coreogravafavano “Life on Mars” di David Bowie e “Why” di Michael Jackson.
Già, Why.
Why? “Why do people fall in love / When they’re always breaking up, oh why (…) I just want you here beside me / Without you there’s no me”. Perché le divisioni, le discriminazioni, le diversità, le paure non devono allontanarci. Perché senza te non c’è me, perché senza loro non ci siamo noi.
In questo contenitore magico c’è spazio anche per le luminarie, con cui Senatore combina precisi riferimenti del gusto barocco e dello stile di vita contemporaneo, interessandosi al loro costituire uno spazio effimero che facilita la socializzazione, e un nuovo corpus di lavori, esposti in galleria, che comprende – oltre alle sculture luminose e i disegni – due significative sculture in vetro fuso a cera persa: I Contain Multitudes, che riprende le parole di Walt Whitman, e Autoritratto, che presenta un calco delle mani dell’artista a grandezza naturale.
Afterglow è moltitudine ed è evocazione dove noi possiamo assumere una posizione radicale nel cambiamento sociale. Non c’è un’immagine isolata che possa prevalere, bensì una simultaneità intermittente e inclusiva, libera dal pregiudizio del senso. Non abbiamo assistito a uno spettacolo, noi siamo andati in scena su un palcoscenico d’eccezione, la vita: dove l’amore ha trovato espressione, l’energia è circolata, la comprensione della nostra natura si è fatta autentica.
Siamo entità vive, sì, esposte all’infinito di un sentimento unico e differente, responsabile, interrogativo, che passa attraverso gli altri corpi e poi ascende in uno sguardo che possiamo sperimentare in una dimensione collettiva e partecipativa.
Siamo un corpo unico.
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