Secondo la leggenda (che poi è la storia tramandata da Aristotele) i primi filosofi greci sono i naturalisti: essi ritenevano che la natura fosse – direttamente o indirettamente – il principale oggetto di indagine della filosofia; loro scopo era giungere ai principi originari del tutto (cosmo, esseri viventi e non), ossia ricercare l’archè: inizio o causa che dà origine. Tra questi Talete, fondatore della scuola di mileto, sarebbe stato il primo filosofo a chiedersi quale fosse l’origine di tutte le cose e di cosa fossero fatte. La sua risposta? L’acqua è il nostro archè. Ma gli esordi filosofici erano una diretta emanazione della mitologia: infatti, facendo un salto indietro notiamo che già Omero ed Esiodo ci parlano del mito del dio Oceano. Se ci spostiamo geograficamente notiamo che, ben prima dei greci, questa concezione primordiale dell’acqua era già presente nelle filosofie orientali. Nelle religioni dell’antico Egitto ritroviamo il dio Nun, descritto come una massa liquida primordiale, e si parla di un caos acquoso originario. Per gli egizi la terra avrebbe avuto origine dalle acque ritiratesi. Le stesse concezioni le ritroviamo nelle società mesopotamiche. Scientificamente sappiamo che le prime forme di vita hanno origine in acqua e che gli esseri viventi non possono vivere senza di essa. Inoltre, l’acqua è anche la nostra materialità. Quindi, forse, Talete non aveva tutti i torti.
L’acqua, la sua fluidità e la sua liquidità, tornano al centro di nuove teorie culturali nell’ultimo decennio. La mostra “So remember the liquid ground”, personale dell’artista polacca Agnieszka Brzezańska, ci fa chiedere: che cosa possiamo imparare dall’acqua? Per l’occasione la galleria eastcontemporary di Milano si trasforma in uno spazio mistico e ultraterreno abitato da forme mitiche, formalizzate in vasi e anfore floreali, e un fiume, la tela The Vistula Fabric, che scorre sopra di noi. L’immersione totale è garantita da una fruizione sinestetica: lo spazio è scandito dalla musica con la scultura sonora Singing with the mountain meadown che, sprigionando un canto popolare polacco, ci contestualizza in una nuova dimensione spazio-temporale. Fuori la città è caotica, ma nella galleria esperiamo una nuova comunanza con l’ambiente naturale.
Le opere esposte non sono solo da contemplare, ma si inseriscono concretamente nella vita quotidiana: le anfore dalle forme femminili hanno un richiamo simbolico ma sono anche contenitori d’acqua offrendosi ad un uso pratico; Elf, è una scultura sinuosa e mistica ma anche è un pratico sostegno per iPhone; e la priorità del fare si ripercuote nell’organizzazione annuale di una residenza su una zattera che percorre la Vistola.
Agnieszka Brzezańska muove la sua ricerca artistica da un significato storico, sociale, culturale ma soprattutto ecologico. Con le sue opere l’acqua diviene materia e matrice della vita, proponendo una nuova e autentica comunanza che si estende oltre l’umano, oltre noi. In linea con le ricerche ecofemministe – idrofemminismo in particolare – l’artista riprende l’associazione metaforica tra terra e corpo della donna, richiamando in lavori come The Source l’iconografia della Grande Madre, ora dai tratti alieni, da cui sgorga una cascata di vita. Le teorie ecofemministe si spingono ben oltre questa identificazione, proponendo una rigenerazione dell’essenza umana in sintonia con l’ambiente naturale, riflettono un inedito rapporto umani e animali – non umani come filtro per rileggere il rapporto tra patriarcato e donne, e lo sfruttamento capitalistico dei corpi femminili. A ciò la corrente idrofemminista presenta anche una nuova visione della storia e della nostra radice genealogica. Il ciclo dell’acqua collega tutti gli esseri che abitano la terra tramite un costante scambio che dall’oceano risale al cielo per ritornare sulla Terra e contribuire alla vita; siamo corpi d’acqua e in quanto tali siamo da sempre inseriti in questo costante scambio: lo spostamento acquatico perdura nel tempo collegandoci al passato e al futuro. Queste tematiche sono rese visivamente nelle pratiche artistiche recenti e del secolo scorso. Agnieszka Brzezańska non è lontana dalle performance di Ana Mendieta basate sulla credenza di «una Energia Universale che scorre attraverso ogni cosa, dall’insetto all’uomo, dall’uomo allo spettro, dallo spettro alla pianta, dalla pianta alla galassia. I miei lavori sono vene del fluido universale».
Quindi, cosa possiamo imparare dall’acqua? Sicuramente possiamo spingerci verso una revisione della nostra storia, reinterpretando il nostro posto nel mondo; ricongiungendoci ad una vita esoterica, magica, abitata da riti ancestrali, ritroviamo la nostra comunione con la Terra come ideale su cui fondare un diverso avvenire sociale. Ma soprattutto, possiamo operare anche in termini di agenda politica, dando una nuova impronta al dibattito ecologico.
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